«L’ambito di intervento più rilevante della manovra per il prossimo anno è rappresentato dal sostegno al potere d’acquisto delle famiglie, che potranno continuare a beneficiare dell’esonero parziale dei contributi previdenziali. È un intervento che il Governo ritiene fondamentale per sostenere i redditi e i consumi dei lavoratori, in particolare quelli con redditi più bassi, che hanno subito una rilevante perdita del potere d’acquisto riconducibile sia alla prolungata fase inflazionistica, sia al mancato rinnovo dei contratti di lavoro in diversi settori produttivi». Così parlò il ministro dell’Economia e Finanze, Giancarlo Giorgetti, in audizione al Senato. Punto. Vangelo. Al netto dell’ammontare, del deficit e delle ridicole barricate contrapposte di sindacati e Confindustria.
Poniamoci una domanda concreta, ora. Che Natale sarà? Il commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, lunedì ha scomodato la parolina magica nel descrivere l’economia europea: resilienza. L’equivalente di soft landing per il Vecchio Continente. Quindi, toccatevi, se siete scaramantici. Certo, in base a questo principio, da Bruxelles sono certi che nel 2024 si tornerà a crescere. Più che altro, stante l’aria che comincia a tirare al di là dell’Atlantico, si tornerà a stampare. In effetti, ormai un sinonimo. Il grafico però guarda all’oggi.
Volendo ricorrere a un approccio ottimistico alla Gentiloni verrebbe da dire che – a parte questo dato risibile di vendite al dettaglio a precipizio – tutto il resto va abbastanza bene. Scomodando invece un gramsciano pessimismo della ragione, questo ci dice che il problema potrebbe rivelarsi più urgente di quanto si pensi. E la crisi più profonda.
In tal senso, ci viene incontro questo altro grafico, il quale compara le ricerche su Google relative ad Amazon in Germania con il dato delle vendite on-line. Se dovesse essere re-couple al ribasso, stante la quota di mercato che l’e-commerce ha ormai conquistato e consolidato col Covid e ai prezzi da monopolio, il Natale dei tedeschi sarà magro. Molto magro.
E da quelle parti, al Nord, il clima festivo arriva prima. Già metà novembre è tempo di mercatini. E di regali. Quantomeno della loro ricerca. Si va per negozi, si chiede, si prova, si comparano i prezzi. Poi si va su Amazon o Zalando e si cerca di spendere meno per il medesimo capo od oggetto. Comunque sia, c’è domanda. Oggi la domanda retail è congelata. Si spende poco. Per l’essenziale. Al netto non tanto di un’inflazione ancora doppia rispetto al target Bce, ma, soprattutto, di salari che crescono in maniera troppo disomogenea nell’eurozona. Aumenti decisamente netti proprio in Germania, vedi l’ultimo accordo strappato dall’IG Metall. E totalmente stagnanti in Italia, come confermato implicitamente dal ministro Giorgetti. Erosione del potere d’acquisto. Cui unire più che probabili aumenti degli sconfinamenti su carta e insoluti su rate del credito al consumo.
La Bce taglierà i tassi nel 2024? Ovviamente. Basterà? No. O, meglio, stavolta non per tutti. Il forte rischio è che la necessità del nostro Paese di strappare una qualche forma di scudo a deficit e spread, nel primo caso una tutela ex post su quanto già sforato nella Nadef, in seno alla riforma del Patto di stabilità spedisca in secondo ordine l’urgenza che il dato generale e quello tedesco sui consumi ci sta mostrando plasticamente. Il problema non è il tasso di reale resilienza dell’economia Ue, ma quello della medesima Ue a un ciclo espansivo non accompagnato da una nuova ondata di sostegni in stile Covid Il rischio frammentazione è il peggiore dei differenziali, partendo da una situazione come quella attuale.
Che Natale sarà il nostro, se l’8 dicembre a Bruxelles vincesse lo stallo e dal 1° gennaio si tornasse alle vecchie regole di bilancio? E attenzione alla variabile nascosta. Quantomeno, per ora. Per farlo casca a fagiolo il parallelo Germania-Italia utilizzato finora. Perché signori, ora è tutto più chiaro. Ora il fatto che il Governo tedesco abbia stanziato 12 miliardi di euro in sostegni energetici verso le proprie aziende per il 2024 e annunciato la durata quinquennale del medesimo supporto, trova un senso. Così come la decisione di offrire garanzie statali su 12 miliardi di prestiti bancari a Siemens Energies per i suoi investimenti sull’eolico. Perché proprio ieri, la Corte costituzionale di Karlsruhe ha bocciato lo stanziamento di 60 miliardi inserito nella Finanziaria per il 2024, di fatto mettendo pesantemente a rischio la tenuta della maggioranza, visto che il Budget va approvato entro domani sera per essere inviato in Europa.
Molto italiano come scenario. Si tratta di 60 miliardi di debito non utilizzato e generato come risposta al Covid che il Governo Scholz intendeva allocare per la transizione energetica. Incostituzionale. E attenzione, perché la decisione di Karlsruhe pare una risposta rigorista proprio alla decisione dell’altro giorno su Siemens Energies, stante i conti presentati da quest’ultima sempre ieri: a fronte di 4,6 miliardi di perdita netta annuale patita dal gruppo proprio per l’unità eolica della sussidiaria Gamesa, l’azienda ha annunciato agli azionisti il ritorno al profitto nel 2024 attraverso… la vendita di assets! Ovvero, lo Stato garantisce con soldi pubblici infrastrutture private che vengono vendute per fare cassa. Nemmeno la Fiat delle rottamazioni folli arrivò a tanto.
Ma se la Germania sta praticamente suicidandosi con le proprie mani, il resto d’Europa non sta meglio a livello di politica energetica. Signore e signori, il bidone LNG statunitense è servito! Non a caso, la scorsa settimana alcuni Paesi Ue hanno attinto per la prima volta agli stoccaggi. Poca cosa. Pur sempre un segnale, però, non fosse altro per le temperature decisamente ancora miti che quasi l’intera Europa sta conoscendo. E pur trattandosi di tanker e quindi di mare, ricordate sempre la metafora alpina della palla di neve che diventa valanga. Shell e BP hanno infatti chiesto a Washington e Bruxelles di intervenire nella controversia con Venture Global LNG, avvertendo che il rifiuto della società statunitense di onorare contratti multimiliardari di fornitura di LNG «minaccia la sicurezza energetica dell’Europa». Per la precisione, le major petrolifere accusano il fornitore d’Oltreoceano di «cattiva condotta per aver trattenuto il carico concordato in base a contratti di fornitura a lungo termine». E aver invece venduto LNG sul mercato spot.
Che delicatezza, che signori, che affidabili partner nel nobile intento dell’affrancamento al giogo energetico russo. Tranquilli, poi: all’appello delle bidonate rispondono anche la spagnola Repsol e l’italiana Edison. E in attesa che, fra un paio d’anni e con calma burocraticamente olimpica, la task force congiunta Ue-Usa sulla sicurezza energetica dica la sua, Shell ha inviato ai funzionari europei una lettera visionata da FT e con passaggi di questo tenore: «Un comportamento così miope costituisce un precedente preoccupante che potrebbe erodere la fiducia del mercato e ritardare gli investimenti nelle infrastrutture di esportazione di LNG statunitense che sono ancora estremamente necessarie per sostenere la sicurezza energetica dell’Europa». Insomma, ricapitolando. La Russia è fuorigioco. L’Algeria è una dependance di Gazprom. Il Niger è ormai provincia di San Pietroburgo, quindi il gas della Nigeria che transita da quel Paese verso il Maghreb potrebbe – casualmente – subire qualche interruzione.
La Germania, quantomeno, lo scorso anno proprio in questo periodo ha siglato un accordo con il Qatar per una fornitura di LNG della durata di 15 anni. Ma nonostante questo, Berlino ha lanciato un piano quinquennale di sostegno alle imprese e posto garanzie statali miliardarie sugli emorragici investimenti green di Siemens Energy. L’Italia, precisamente, quale tipo di politica energetica intende adottare? Perché se anche quest’inverno passasse indenne, al netto di bollette comunque già in aumento per solite manipolazioni legate al concetto quasi metafisico di mercato libero, le quote di mercato open vanno restringendosi rapidamente, stante l’affidabilità dell’amico americano. Che si fa, tutti a Canossa da Zio Vladimir? Qualcuno si degna di dare risposte a tutto questo, piuttosto che impegnarsi anima e corpo in contrapposizioni da Anni di piombo in sedicesimi?
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