Sari Nusseibeh, intellettuale e docente di filosofia all’università di Al Quds è stato considerato uno tra i più importanti esponenti dell’Autorità Palestinese, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, spiega quel è la sua posizione in merito al conflitto tra Israele e Hamas, e anticipa quali potrebbero essere gli scenari futuri della guerra. “Ciò che vedo mi fa una terribile paura, sono preoccupato per il futuro, perchè presto questo conflitto potrebbe estendersi a tutto il Medio Oriente coinvolgendo altri paesi come l’Iran, il Libano e altri“, e afferma anche: “Posso solo sperare che presto si torni a ragionare razionalmente“.
Una possibilità però quella del dialogo, che al momento il professore vede come poco probabile, soprattutto perchè le reazioni gravi sono state alimentate dal fondamentalismo religioso, ed hanno alimentato una destabilizzazione fino a sfociare in guerra aperta. Se da una parte i coloni israeliani vorrebbero “Scacciare tutti i palestinesi all’estero e vedono questo come un disegno divino da portare a termine“, dall’altra Hamas fa lo stesso in nome dell’Islam.
Sari Nusseibeh: “Radicalismo religioso ci ha riportato indietro di dieci anni”
Nel fondamentalismo religioso Sari Nusseibeh vede una chiave di lettura della guerra, che giustifica qualsiasi azione radicale da entrambe le parti coinvolte. E sottolinea che questo atteggiamento: “Ci ha riportato indietro di dieci anni, ora c’è una disumanizzazione reciproca“, una ideologia del martirio che alimenta l’odio. Anche tra i palestinesi a Gaza, come afferma il professore, non c’è protesta ma più appello alla “guerra santa“.
Questo perchè: “L’essere umano giunge a un grado di sofferenza tale che non si interessa più al suo destino individuale“, oggi infatti i ragazzini “Vedono i combattenti di Hamas come degli eroi che hanno aperto una strada verso la libertà“. E dopo il 7 ottobre non c’è più neanche dialogo con una parte del governo israeliano, ora “prevale la forza“. Ma Nusseibeh resta comunque ottimista e per il futuro, dice: “Ritengo che a un certo punto Abu Mazen debba essere coinvolto nella gestione di Gaza con Giordania ed Egitto. E ciò potrebbe aprire nuove speranze“.