Sta crescendo la preoccupazione dei governi occidentali nei confronti dei baby terroristi, i baby jihadisti, ed è in particolare la Francia la nazione che più si sta occupando del caso, alla luce dei numerosi episodi di violenza che si sono verificati negli ultimi dieci anni. Come spiegato dal Tg5, che ha dedicato all’argomento un servizio, l’Eliseo ha consapevolezza del fenomeno, dal presidente Emmanuel Macron al ministro dell’interno Darmanin, ma nel contempo si è consci anche del “fallimento sulle politiche inclusive di giovani e giovanissimi di seconda generazione, con origine familiare nel Maghreb e non solo”, spiega la collega del telegiornale di Canale 5.
I numeri parlano chiaro e sono eloquenti, dal gennaio del 2023 ad oggi, più della metà degli imputati per terrorismo in Francia ha meno di 18 anni, un dato preoccupante che fa chiaramente capire come la radicalizzazione si stia sempre più diffondendo anche fra i minori. A denunciare il fenomeno è stato anche il procuratore nazionale antiterrorismo Jean-Francois Ricard, che sottolinea come negli ultimi 4 anni le violenze portate a termine dai baby jihadisti siano aumentate di sette volte rispetto a quanto avvenuto nei precedenti 25 anni, e purtroppo il fenomeno peggiorerà con le successive generazioni.
FRANCIA, ALLARME BABY JIHADISTI: SOCIAL LO SPAZIO PERFETTO PER RECLUTARLI
Ancora una volta nel mirino vi sono i social, il terreno fertile per i “reclutatori”, in grado di individuare le proprie prede con campagne aggressive, e giovani che vengono spinti ad agire in quanto sono difficilmente condannabili, come avviene in molte altre nazioni europee, Italia compresa. Si pensi che sono solamente state 100 le sentenze per questi reati dal 2015 al 2023. La vera e propria esplosione si è avuta nel 2015, quando 13 minori sono stati coinvolti in attacchi jihadisti, poi nel 2016 vi furono 51 arrestati.
L’ultimo caso è purtroppo recentissimo, quello del professore assassinato ad ottobre in una scuola di Arras al grido di Allah Akbar. “Intolleranza religiosa, senso di appartenenza, capacità attrattiva dei siti del terrore – aggiunge la giornalista del Tg5 – slogan all’azione lanciati da influencer senza scrupoli che fanno leva sulle vulnerabilità degli adolescenti”, ma nel frattempo le riforme per fermare il fenomeno sono ancora allo studio.