La rigidità della riforma pensioni inserita in manovra che sarà votata entro la fine di dicembre 2023, comprende da un lato l’apertura ad una misura ponte come quota 103 e dall’altro una rivalutazione dell’importo che però resta ferma al 6%. Ma l’inasprimento inserito in manovra riguarda da un lato la riduzione della misura minima richiesta per l’accesso alla exit con il sistema contributivo e dall’altro, almeno per chi decide di accedere con quota 103, il calcolo dei contributi effettivamente versati.
Riforma pensioni 2023: perché la misura ponte non è appetibile
La Riforma pensioni 2023, inserita nella finanziaria di fine anno dal governo Meloni, dà tutta l’idea di essere una misura tampone, realizzata in stato di emergenza e resa volutamente poco appetibile per i lavoratori. L’obiettivo di Giorgia Meloni è approdare ad un 2024 in cui, con la ripresa economica e la possibile diminuzione dell’inflazione che nel 2022 ha messo in ginocchio le imprese, intervenendo sui costi di produzione, a causa del forte impatto delle materie prime energetiche. Ma nel 2024 la ripresa ci sarà, anche se non sarà considerevole, e potrebbe presentarsi la possibilità di impegnare un maggior numero di risorse proprio nel sistema previdenziale che va armato e rifornito in vista delle crisi di medio lungo termine che sicuramente ci saranno: A partire dal 2035, ad esempio, il numero di pensionati supererà il numero dei lavoratori e a partire dal 2050 l’impatto del sistema previdenziale sul Pil avrà una cerca rilevanza.
Riforma pensioni 2023: le soluzioni prospettate dal governo di Giorgia Meloni e le aspettative per il 2024
E’ per questo che Giorgia Meloni e il ministro del lavoro Marina Calderone per il 2023 hanno dovuto lavorare a una Riforma pensioni 2023 che non potrebbe accontentare chiunque. Opzione Donna è stata snaturata dalla sua forma originaria: due anni aggiuntivi del montante contributivo richiesto e due anni anagrafici in più hanno reso un’agevolazione originariamente utile, sempre meno appetibile per le donne stesse. Sarebbero 20 mila le donne che potrebbero infatti aderire a questa proposta, ma anche Ape sociale con i suoi 63 anni e 5 mesi si discosta di pochissimo dai 64 anni introdotti con la pensione anticipata che però prevede 20 anni di montante contributivo. Anche se i sindacati da anni lottano per rendere strutturale la proposta di diminuire la pensione di vecchiaia a 64 anni (che oggi è fissata a 67 anni anagrafici e 41 anni di contributi), la possibilità di realizzare questa proposta e renderla strutturale fatica e deve, ancora per adesso, passare per molteplici misure ponte, magari anche con quota minima ridotta per mancanza di risorse.