Enrico Keppel è mancato nella serata di sabato scorso, a 96 anni. Una lunga vita giocata – è il caso di dirlo – tra grandi innamoramenti e grandi avventure nel mondo del turismo, un’industria che negli anni andava trasformandosi, costruendo, sulle prime esperienze pioneristiche, un tessuto sempre più strutturato, dove per le iniziative istintive di un Keppel forse andava assottigliandosi lo spazio di manovra.
Degli innamoramenti ce ne aveva parlato lui stesso, solo l’anno scorso: “Mi sono sposato quattro volte, ma tre matrimoni sono finiti male, mentre il quarto funziona ancora benissimo. Nel 1994, in Kenya, conobbi Francesca Di Marco: aveva 43 anni, 24 meno di me. Andammo a convivere, per un breve periodo, e subito dopo ci sposammo. Sono passati ormai quasi 28 anni ma siamo ancora saldamente insieme”. Le sue tumultuose avventure nel mondo del turismo, la sua parabola, invece, meritano di essere almeno riassunte, perché raccontano anche i mutamenti, tra alti e bassi, di un settore sempre suscettibile di fortune ma anche di improvvisi capovolgimenti.
Keppel Hesselimk Hendrik Angelo, detto Enrico, nacque ad Amsterdam il 17 febbraio 1927, padre olandese (Jacob Herman Keppel Hesselink, un ingegnere giornalista) e madre italiana (la soprano lirica napoletana Aurelia Lauro). Da lì, iniziò fin da subito il suo giro del mondo: la famiglia si trasferì a Batavia, nelle Indie Olandesi, dove rimase fino al 1932. Poi l’Italia, a Milano, in una casa di ringhiera in via Eustachi, zona Buenos Aires. Fu lì che il nome Hendrick divenne Enrico: così fu registrato anche al Commerciale G. Schiapparelli, dove si diplomò ragioniere nel ’45, giusto mentre gli alleati liberavano la città. “Poi mi iscrissi alla Bocconi, dove per quattro anni riuscii a non pagare le tasse, visto che risultavo ancora essere cittadino olandese”, ci aveva raccontato Enrico.
Di soldi in tasca ce n’erano pochi: e allora ecco la borsa nera, rivendendo sigarette e coperte americane. Poi un lavoretto all’Associated Press di piazza Cavour, poi finalmente nell’ufficio di rappresentanza della Società Marittima Olandese di Genova, che stava aprendo a Milano. In quel periodo Enrico cominciò ad andare a sciare in montagna nei fine settimana, sfruttando i pullman di club milanesi, e da lì l’idea di creare un suo club per sciatori e organizzare direttamente le trasferte. Nacque il Club Est Milano, che in pochi anni riuscì a contare circa 30 mila soci, il precurose di quella che divenne la sua vera agenzia viaggi e to, Mondorama, con charter settimanali su Londra e viaggi intercontinentali, che poi vide la nascita della Keppeltour in piazza Duca d’Aosta (che si occupava anche di gestioni alberghiere) e della società Club Aquarius.
Ma Keppel non si fermava mai: eccolo a Ceylon (Sri Lanka) nel 1960, dove fondò villaggi fronte mare, il Club Villa e il Club Paradise ad Aluthgama. Ed eccolo alle Maldive, dove affittò due isole, Little Hura e Bathala, con bungalow sull’acqua, ancora in costruzione, che poi affidò a IGV per la commercializzazione.
Una volta rientrato a Milano, nel 1970 uscì da Mondorama e investì in Sicilia, nel nuovo villaggio di Capo Calavà, a Gioiosa Marea, un’incredibile vista sulle Eolie. Contemporaneamente iniziò la collaborazione con I Grandi Viaggi per Sri Lanka, Repubblica Dominicana, Messico, Egitto, Maldive. E in Kenya, dove in riva all’Oceano nacque il villaggio Blue Bay a Watamu, vicino a Malindi, tuttora esistente. “Per mio conto – ci aveva raccontato Keppel – acquistai un terreno vicino a Malindi, dove costruii un residence chiamato Marafiki (in keniota vuol dire amici). Vi costruii per me anche una grande villa fronte mare dove invitavo amici italiani, edaltre strutture che vendetti a conoscenti, con guadagni consistenti, soldi che mi permisero di saldare l’acquisto del terreno. Nel 1999 vendetti il residence Marafiki a un italiano che viveva in Kenya: ma fui pagato con effetti che in seguito, in Italia, risultarono inesigibili”.
Era un periodo di grandi fermenti, nel mondo del turismo, anche tra i grandi operatori. I Grandi Viaggi venivano venduti a Luigi Clementi, che subito rinunciò alla partnership con Keppler, per gestire in proprio tutti i villaggi che avevano seguito insieme, salvo il villaggio Colostrai in Sardegna, che Keppler continuò a gestire per vent’anni, fino al fallimento del Club Aquarius. Dal 2000 al 2014 Enrico viaggiò molto anche a Sharm el-Sheikh, invitato dallo sceicco Omar per collaborare al lancio di un nuovo villaggio turistico, che poi lo stesso Keppel iniziò a gestire con personale tutto italiano, che però dopo pochi mesi fu licenziato dallo sceicco, causando in breve la scomparsa della clientela prima abituale. Il villaggio rimase totalmente vuoto, andò praticamente in rovina, e in breve venne distrutto. Per Enrico fu una nuova delusione e un nuovo rientro in Italia.
Nel 2006 accettò la gestione di un albergo nell’isola di Capraia, La Mandola, dove riuscì a lavorare solo due anni. Furono problemi. “Non avevo più risorse – ci aveva confessato – e fui costretto a far fallire il Club Aquarius, pur preoccupandomi di pagare tutto il personale che aveva fino a quel momento lavorato per me. E questo è tutto”.
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