La sindrome di Down è una di quelle patologie con cui l’umanità ha imparato, suo malgrado, a convivere, convinta allo stato attuale che sia del tutto incurabile. Nonostante questo, però, la ricerca medica non si è mai veramente fermata e nel corso degli ultimi decenni ha compiuto dei passi importanti, rendendo la convivenza con la patologia più semplice, in primis ovviamente per i suoi portatori.
Basi considerare, per esempio, che l’attuale aspettativa di vita per i portatori della sindrome di Down è di circa 65 anni, mentre cinquant’anni fa a malapena si superavano i 25. Progresso, questo, dovuto soprattutto allo sviluppo della chirurgia che ha permesso di trattare con maggiore semplicità le malformazioni cardiache che aumentavano ampiamente la mortalità. Similmente, la comunità scientifica e medica ha una conoscenza molto più ampia della sindrome di Down e di tutti i disturbi ad essa associati, come quelli alla tiroide o l’epilessia. Un altro dato importante è rappresentato dallo sviluppo delle terapie fine a rendere più semplice la vita dei portatori, di fatto aumentando di 20 punti il quoziente intellettivo medio dei pazienti in circa una ventina di anni.
Le nuove terapie contro la sindrome di Down
Nonostante i progressi fatti fino ad ora, che sono certamente positivi, la sindrome di Down rappresenta ancora una sfida, che la comunità medica vuole vincere. Preoccupante, infatti, rimane l’incidenza dell’Alzheimer per i portatori della sindrome, che è di circa il 40% a 55 anni, rispetto al 2% della popolazione generale. Ben presto, però, potrebbero arrivare sul mercato alcune nuove terapie ed un vaccino, che potrebbero rappresentare un ulteriore passo avanti contro la malattia.
Il vaccino per la sindrome di Down, che in sviluppo negli Stati Uniti, dovrebbe andare ad agire sulla patologia amiloide associata alla trisomia del cromosoma 21 e che aumenta l’incidenza dell’Alzheimer, e potrebbe rappresentare un beneficio anche per il resto della popolazione che potrebbe beneficiare di quello stesso vaccino. A Losanna, nel frattempo, è in sviluppo una nuova terapia basata su iniezioni dell’ormone GnRH nei portatori della sindrome di Down, che ha già dimostrato effetti positivi su un primo campione di pazienti, migliorando le loro prestazioni cognitive. Infine, un terzo studio ancora nelle sue fasi iniziali si sta concentrando sullo sviluppo della sindrome che si ha subito dopo la nascita, con l’obiettivo di “correggere” il neurosviluppo dei bambini, migliorando in generale le capacità di apprendimento.