Dietro l’omicidio di Giulia Cecchettin c’è una cultura in cui non c’è più spazio per la dimensione femminile. A suggerire questa riflessione è lo psichiatra Raffaele Morelli, intervenuto al Diario del giorno, approfondimento a cura del Tg4. «Il femminile è stato annientato e non compare più. Un uomo è XY, maschile e femminile. Se il femminile viene rimosso, allontanato, culturalmente, succede che si forma l’idea del macho, dell’uomo forte che domina e diventa straniero agli affetti». Gli affetti sono sconosciuti, anzi la dolcezza va cancellata, perché viene vissuta come debolezza, fragilità. Per Morelli non è neppure trascurabile il particolare delle coltellate, inferte anche sul volto della studentessa.
«Questa violenza si è spostata tutta sul volto. Cosa vuol dire il volto? Cancellare l’identità dell’altra. Cosa faceva questa ragazza? Questa ragazza gli ricordava che in lui, oltre a questa rabbia di demolire tutto ciò che non rappresentava il suo modello, c’era anche tanto gelo. Perché per uccidere ci vuole la rabbia ma ci vuole anche il gelo». Questa vicenda, peraltro, smentisce l’idea che a commettere questi crimini efferati possano essere “mostri” con certi connotati. Infatti, sorprende anche perché Filippo Turetta sembrava un bravo ragazzo. «Purtroppo il mostro si presenta nascosto, mimetizzato e dentro tanto narcisismo».
“UCCIDERE VUOL DIRE ANCHE UCCIDERSI”
Raffaele Morelli aiuta a capire cosa c’è dentro l’omicidio di Giulia Cecchettin, la dimensione psicologica di Filippo Turetta. «Il progetto che c’è dentro la mente di queste persone è cancellare l’idea che io possa essere abbandonato, cancellare l’idea che lei mi rifiuti. Quindi, incomincia l’ossessione del seguirla, essere presente», spiega a Diario del giorno del Tg4. C’è poi la questione dell‘abbandono del cadavere, gettato in un dirupo. «Il tema è disfarsi e scappare, disfarsi e allontanarsi. Allontanarsi da lei e anche allontanarsi da quell’omicida che c’è in te. Bisogna sempre aver presente che uccidere è uccidersi, è uccidere quel lato di te che non trova pace, perché l’abbandono in ogni momento ricorda come una coltellata che c’è una presenza di qualcuno che non ti accetta, non ti accoglie, ti allontana».
Forse ha pesato anche l’assenza della figura della mamma, morta a causa della malattia: «Le mamme vedono oltre. Hanno una capacità intrinseca, quasi profetica, di cogliere». Ma si sofferma anche sulla figura dei padri, per invitare a «smetterla di colpevolizzare i genitori», perché prima «non ci si è mai occupati dei figli. Diciamoci le cose come sono. Ecco questo fa bene a sottolinearlo e noi mitizziamo un passato che non era poi così». Rispetto al passato ci sono invece i social: «Si basano quasi tutti sui like, c’è una continua distruzione del valore del ragazzo».
I DISTURBI DELL’ADOLESCENZA E IL CALO DI AUTORITA’
«Non è che tutti i ragazzi rischiano di fare queste cose, bisogna chiarirlo bene, ma una cosa che vorrei sottolineare che mi sembra molto molto importante è proprio questa, che noi dobbiamo sapere che accanto ai femminicidi ci sono disturbi dell’adolescenza, importantissimi», prosegue Raffaele Morelli. Lo psichiatra cita l’aumento dei suicidi del 400% di cui nessuno parla, così come l’aumento del consumo di doghe, di disturbi alimentari passa inosservato. «Noi abbiamo un’adolescenza sofferente». D’altra parte, anche se i genitori non vanno colpevolizzati, va comunque riconosciuto un calo di autorità. «I nostri genitori dicevano basta, zitto che il papà adesso è stanco, bastava un colpo d’occhio, eravamo abituati a dei codici, adesso siamo passati ai codici opposti, dove i figli possono dire qualsiasi cosa, fare qualsiasi cosa. E i genitori sono quasi intimiditi».