Giulio Tremonti, ex vice premier e ministro dell’Economia e della Finanza, ma anche presidente dal 2022 della Commissione Esteri della Camera, ha parlato con il Corriere della situazione tra Israele e Hamas, analizzandola anche dal punto di vista delle possibili ripercussioni geopolitiche. “Per 20 anni”, spiega, lo Stato Ebraico “è stato tratto in inganno dalla sua ‘ybris’, prodotta in parte dalla sparizione degli avversari e dall’illusione della sua potenza cibernetica”.
Mentre Israele si illudeva di essere avanzata rispetto ai vicini, spiega Tremonti, “c’è stata l’illusione commerciale, con i patti di Abramo, come se 50 milioni che trafficano dal Golfo al Mediterraneo potessero fare la loro fortuna tagliando fuori centinaia di milioni di altri”. Ora, tuttavia, Israele si rende anche “paradossalmente” contro che “essere in guerra con uno Stato già e facile, esserlo con un popolo è molto più difficile”. Similmente, spiega Tremonti, sembra che i leader internazionali sottovalutino “i rischi di instabilità in tutta la zona. Rischi locali, con l’aumento delle masse di profughi e la scomparsa del turismo, con la possibilità concreta di rivolte contro il feudalesimo”.
Tremonti: “L’Europa diventi politica o non potrà far parte del nuovo mondo”
Inoltre, rileva ancora Tremonti, dal conflitto di Israele potrebbe anche scaturire la fine “dell’età del petrolio. Ci sono ancora le pietre ma l’età della pietra è finita. Il petrolio ci sarà ancora ma sostituito dal nucleare e da altro. E questo spinge a strutturare un’effimera modernità alternativa, con bandiere come il calcio o il nuovo Rinascimento”. Insomma, sembra sempre più chiaro ed evidente che “il modello della globalizzazione è un’utopia, l’ultima del Novecento”.
In questo contesto di stravolgimenti, spiega ancora Tremonti, “c’è un elemento positivo, l’incontro di San Francisco tra Usa e Cina. Se il mondo torna a essere inter-nazionale c’è una luce. Una prospettiva positiva che attualizza la profezia di Theodore Roosevelt, quando disse ‘saremo il nuovo Mediterraneo'”. Positivo, sarebbe, inoltre, il fatto che “Xi Jinping prima ha detto ‘il mondo è grande abbastanza per tutti e due'”, ma anche “il perdono per la Guerra dell’oppio con la promessa di contrastare la diffusione del Fentanyl”. Ma in tutto questo, conclude Tremonti, l’Europa per stare al tavolo diplomatico può farlo “in due modi: con il nome sul segnaposto o come pietanza sul menù. Se non cambia davvero”, avverte, “passando dalla tecnica e dalla finanza alla politica, questo è il suo destino”.