Giorgio Pasotti commenta, da papà, gli episodi di violenza che coinvolgono sempre più i giovanissimi, tra cui l’omicidio di Giulia Cecchettin: “È frutto di una subcultura, più virulenta che mai, che non riesce ad accettare i passi avanti delle donne, la loro autonomia”. L’attore è di recente salito sul palco del Teatro Franco Parenti per il recital Quello che gli uomini non dicono e ha letto la lettera aperta che Franca Rame scrisse dopo aver subito uno stupro da parte dei fascisti.
Il fenomeno col tempo è cambiato nella forma, ma non si è alleviato. “Sono sempre più preoccupato e spaventato. Per fortuna però non tutti sono così. Io credo nella parità di genere e nel dovere di educare i figli. Da ragazzo vivevo con il sacrosanto timore della punizione di mio padre per ogni minimo sgarro. Esisteva anche una specie di controllo sociale. L’occhio di vicini e conoscenti, sempre pronti al rimprovero, bastava per farmi rigare dritto. Arrivavano messaggi di educazione civica e civile che entravano in profondità”, ha raccontato.
Giorgio Pasotti: “Violenza è frutto di una subcultura”. Le riflessioni dell’attore
L’educazione che molte famiglie oggi offrono ai figli, invece, è molto diversa da quella che ricorda Giorgio Pasotti. “Oggi impera il giustificazionismo. I genitori si pongono come amici, inetti a guidare e a correggere, sempre pronti a difendere e proteggere i giovani. Nessuno che si assuma la responsabilità di ciò che dice e soprattutto fa. Penso che nella nostra società si sia radicato qualcosa di malato, che ci ha portato a livelli così bassi. E mi domando: cosa non è andato a buon fine?”.
È difficile trovare una risposta. “Mi è sempre piaciuta l’espressione lead by example, educare con l’esempio. Come attore mi sento investito di questo messaggio, come dovrebbero anche cantanti, intellettuali e politici. Invece mia figlia a 14 anni torna a casa e canticchia le canzoni della trap, che dicono cose ignobili delle donne ed esaltano disvalori”.