L’Italia non cede al pressing dell’Ue sul Mes, infatti slitta il voto sulla ratifica, ma perché l’Europa ha fretta? L’ansia di Bruxelles potrebbe essere legata alla scadenza di fine 2023 delle garanzie del Fondo di risoluzione. In altre parole, servono soldi per il “salva banche”. Questa l’ipotesi di Giuseppe Liturri sulle colonne della Verità, alla luce di quanto accaduto dopo il rinvio dell’esame del disegno di legge di ratifica presentato dall’opposizione. Se ne riparlerà forse dopo l’Eurogruppo e il Consiglio Ecofin della prima settimana di dicembre, ma intanto i toni in Europa sono diventati ultimativi e ci sono solleciti.
Nell’ultimo di questi è stato posto l’accento sul prestito “paracadute”, il cosiddetto backstop che il Mes dovrebbe essere pronto ad erogare al Fondo di risoluzione unico (Srf) per la gestione delle crisi bancarie. La questione è all’apparenza tecnica, in realtà si fonda su uno dei pilastri dell’Unione bancaria. Il rischio è la dissoluzione dell’unione monetaria, sfiorata durante la crisi del debito 2010-2012. Visto che dal prossimo 1° gennaio non potrà più contare sui prestiti paracadute di pronto intervento concesso dai 20 Stati membri, serve un altro salvagente.
MES E IL NODO FONDO SRF IN SCADENZA
Per questo motivo dal 2018 l’Eurogruppo sta cercando di trovare un ruolo al Mes e assicurarsi che il Fondo di risoluzione unico (Srf) riesca a reggere l’urto di una crisi bancaria a partire da gennaio. Infatti, dal 2024 non ci sarà più il paracadute degli Stati e rischia di non esserci quello del Mes. Il Srf a fine 2022 contava su circa 63 miliardi di liquidità e titoli pronti per essere usati in varie modalità in caso di crisi di una banca. L’obiettivo è arrivare a circa 80 miliardi entro fine anno, poco meno dell’1% dei depositi bancari dell’Eurozona, pari a circa 9mila miliardi. In caso di dissesto di una banca, il compito del Srf è gestire in modo “ordinato” l’evento, evitando una rovinosa liquidazione degli attivi e permettendo una continuità nella gestione aziendale, rilevando l’azienda bancaria o un suo ramo.
Come evidenziato dalla Verità, la ricapitalizzazione ha però delle condizioni: il bail in dei creditori della banca per almeno l’8% del valore del passivo e comunque può impegnarsi a erogare non oltre il 5% di quest’ultimo valore. Questo meccanismo finora è rimasto sulla carta, inutilizzato. Visto che la mutualizzazione è salito fino al 100% dal prossimo gennaio, gli 80 miliardi sono a disposizione di ogni banca dell’Eurozona, a prescindere dallo Stato di appartenenza. Ciò espone il Fondo a rischi di incapienza in caso di crisi importanti. Ed è un motivo ulteriore per avere il “paracadute” del Mes.
L’OMBRA DI UNA CRISI IMMOBILIARE IN EUROPA
Difficilmente il Srf resterà dormiente, visto che la BceRapporto sulla Stabilità Finanziaria, dedicando particolare attenzione alla vulnerabilità del settore immobiliare agli attuali elevati tassi di interesse. Il quadro delineato non è affatto rassicurante. Come riportato dalla Verità, ci sono infatti 14 Stati in cui l’esposizione al settore immobiliare residenziale e commerciale supera il 40% del totale dei prestiti concessi. L’Italia è tra gli ultimi quattro. C’è un nutrito gruppo di Paesi che precede il nostro nella classifica dell’esposizione ai tassi variabili. Le famiglie italiane hanno una quota di prestiti a tasso fisso molto alta, un po’ meno le imprese.
Con i tassi alti che abbattono sia i volumi sia i prezzi degli immobili, la Bce stima che, nello scenario peggiore, il 53% dei prestiti al settore immobiliare saranno in capo a imprese in perdita, con i conseguenti problemi nei rimborsi. La Bce parla esplicitamente di «probabilità crescente di rilevanti perdite per il sistema bancario», in particolare per gli immobili commerciali. Alla luce di tutto ciò, il pressing sull’Italia per la ratifica del Mes e rafforzare il Srf servirebbe, secondo la Verità, a soccorrere qualche banca quasi sicuramente non italiana, nel caso in cui venga travolta dalla scoppio della bolla immobiliare.