Paola Di Nicola Travaglini, magistrata e consigliera della Corte di Cassazione, ospite a Uno Mattina, ha parlato degli episodi sempre più frequenti di violenza sulle donne: “La Commissione sul femminicidio della scorsa legislatura ha studiato oltre 220 casi. Nei processi e nelle sentenze, risulta che gli uomini rivendicano con determinazione e orgoglio di avere ucciso la donna per punirla rispetto a minimali esercizi di atti di libertà. Il momento più pericoloso per la vita di una donna è quello in cui cerca di sottrarsi a una relazione violenza, separandosi oppure denunciando”.
Il fenomeno, tuttavia, è molto spesso anche sotterraneo e dunque sottodimensionato. “Il 64% delle vittime non ha mai raccontato ciò che subiva, ritenendola naturale. Il contesto familiare è fondato sulla prevaricazione maschile e sulla soggezione femminile. È una modalità presente in quasi tutte le nostre case. Le persone scese in piazza denunciano questo e chiedono alle istituzioni di sradicare questa cultura. È fondamentale che anche gli uomini parlino”.
Paola Di Nicola Travaglini sulla violenza contro le donne
È importante, secondo Paola Di Nicola Travaglini, dunque, riconoscere i segnali di questa cultura patriarcale. “Il tema della paura e dell’oppressione è centrale. Nel momento in cui una donna, in una dinamica familiare, percepisce controllo, timore, ridimensionamento delle sue capacità e umiliazione, c’è un chiaro segnale di rischio. Spesso non viene consentito alla vittima di avere un lavoro e un’autonomia economica, di uscire con le amiche, le vengono sottratte le chiavi della macchina. I fattori di rischio riguardano anche gli uomini misogini, che odiano le donne. È una questione culturale più che psicologica. Non riconoscere la dignità, la libertà e l’intelligenza femminile è il primo fattore di rischio per l’uomo”.
E conclude: “Il femminicidio è un fenomeno mondiale, che riguarda le donne dalla nascita alla morte, va al di là dell’età. Il tema è l’incapacità di misurarsi con la libertà femminile. Gli uomini non tollerano che una donna possa sottrarsi al loro potere. Quando ciò avviene, come per Giulia Cecchettin e per tutte quelle che l’hanno preceduta, è perché c’è una convinzione mentale secondo cui le donne devono essere assoggettate e se si sottraggono vanno punite”.