Quali sono le condizioni di sicurezza dei laboratori di ricerca? Intorno a questi luoghi è sempre aleggiata una certa omertà. Tanto che anche i dipendenti che, negli anni, sono stati vittime di contaminazione, hanno sempre mantenuto la massima discrezione, non rivelando nulla, probabilmente anche per non destare troppo allarmismo. Solo in Italia, come riporta Le Monde, un altro caso di morte da MCJ, verificatosi nel 2016, potrebbe anch’esso avere un’origine accidentale, poiché la persona ha lavorato a contatto con tessuti di animali portatori di encefalopatia spongiforme bovina, la cosiddetta malattia della mucca pazza. La recente morte sospetta in Spagna rilancia quindi le domande sulle condizioni di sicurezza in cui talvolta sono stati condotti i lavori su questi agenti non convenzionali.
El Pais precisava che diverse centinaia di campioni di liquido cerebrospinale sospetti erano stati trovati nel laboratorio barcellonese del ricercatore deceduto. Il giornale sottolineava che diversi collaboratori erano angosciati dal timore di aver rischiato anch’essi una contaminazione accidentale. Il ricercatore, che aveva iniziato a lavorare nel laboratorio dell’Università di Barcellona all’inizio del 2018, avrebbe chiesto di essere messo in disponibilità nel novembre 2020 dopo l’insorgenza dei sintomi, chiedendo però assoluta discrezione ai suoi colleghi. Il ricercatore è morto due anni dopo, all’età di 45 anni, continuando nel frattempo a comparire come coautore di articoli scientifici sull’argomento.
SICUREZZA BIO LABORATORI: A CHI IMPUTARE RESPONSABILITÀ?
Di fronte ai casi sospetti di contaminazione i vari laboratori si scaricano la responsabilità reciprocamente, giocando anche sul fatto che i sintomi possono manifestarsi anche molto tempo dopo un’eventuale contaminazione. Questa situazione ricorda l’atteggiamento dell’Inrae riguardo alle circostanze della contaminazione di Emilie Jaumain nel suo centro di Jouy-en-Josas. L’ente di ricerca aveva all’epoca invocato la possibilità di una comparsa sporadica della malattia, l’ipotesi di una contaminazione da carne di “mucca pazza” durante un soggiorno in Gran Bretagna, o addirittura di una contaminazione successiva, mentre lavorava al CEA, anche se non manipolava più i prioni.
Emergerebbe in generale un’intenzione di voler sempre nascondere la mancata sicurezza all’interno di questi laboratori, spesso impedendo anche la messa in atto delle dovute ispezioni. E quando si verificano controlli si preoccupano solo di raccomandare di evitare futuri danni, spesso con tempistiche piuttosto prolungate. In alcune sedi ci si è premurati solo dell’uso di guanti anticuto che offrono la destrezza necessaria per manipolare le lame del microscopio e i tagli del cervello dei topi risale solo al 2021. Per quanto riguarda gli strumenti appuntiti o taglienti, le pinze in plastica e le forbici monouso, queste, sono state sostituite nel 2020. Per il resto nessuna accortezza è mai stata presa.