Il professor Giuseppe Sartori, uno dei consulenti della difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi che hanno contribuito alla produzione dell’istanza di revisione del processo sulla strage di Erba, ha rilasciato alcune dichiarazioni al quotidiano Il Mattino di Padova sottolineando il suo punto di vista sulla posizione dei coniugi relativamente al massacro dell’11 dicembre 2006 per cui scontano l’ergastolo. Secondo Sartori, docente del master di Neuropsicologia forense del Bo, ci sarebbero decine di “nuove prove” che puntano a riscrivere la storia e che potrebbero concretamente riaprire il caso.
Sul piano strettamente tecnico, perché sia ammessa una revisione occorre la sussistenza di nuovi elementi mai vagliati nei gradi di giudizio che hanno portato alla condanna definitiva e che questi siano potenzialmente utili a ribaltare la sentenza. “Devono essere prove rilevanti ai fini del giudizio – ha precisato Sartori –. Qui di nuove prove ce ne sono circa tre paginate piene. Dunque personalmente penso che non sia possibile reiterare quei ragionamenti che hanno portato alla condanna“. Le parole del consulente arrivano a poche ore dall’avvio dell’iter di valutazione dell’ammissibilità delle tre istanze di revisione proposte, in separata sede, dal sostituto pg di Milano Cuno Tarfusser, dal tutore di Olindo e Rosa, Diego Soddu, e dal collegio difensivo della coppia.
Strage di Erba, Sartori su Mario Frigerio: “Testimone con lesioni al cervello e intossicazione da monossido, non riconobbe Olindo”
Il professor Sartori ha prodotto una consulenza di circa mille pagine che è confluita nella richiesta di revisione del processo depositata poche settimane fa dalla difesa dei Romano-Bazzi. Si tratta della terza istanza, in ordine cronologico, dopo quelle del sostituto pg Tarfusser e del tutore dei coniugi, Soddu. Sarà la Corte d’Appello di Brescia a valutarne l’ammissibilità e non è ancora chiaro quale sarà la tempistica per arrivare a una decisione.
Uno dei pilastri dell’accusa a carico di Olindo Romano e Rosa Bazzi fu la testimonianza di Mario Frigerio, unico sopravvissuto che inizialmente parlò di un aggressore olivastro e sconosciuto salvo poi modificare il suo racconto “ricordando” che a colpirlo sarebbe stato il vicino di casa, a lui ovviamente noto, Olindo. Secondo la difesa della coppia, questo è semplicemente impossibile perché la versione dell’uomo non solo sarebbe stata “manipolata” e forse “indotta” dalle domande suggestive del maresciallo Luciano Gallorini, ma sarebbe stata addirittura inficiata dalle sue condizioni di salute in progressivo peggioramento dopo la strage: “Frigerio è un testimone cerebroleso, con delle lesioni al cervello, e con anche una intossicazione da monossido di carbonio. Non riconosce Olindo come aggressore ma parla di una persona a lui sconosciuta, dalla pelle olivastra, più alto di lui e con l’attaccatura dei capelli bassa. Tutto il contrario di Olindo. Poi riceve una serie di oltre 300 domande suggestive, che di per sé sarebbero idonee ad alterare il ricordo in una persona normale, figuriamoci in un testimone vulnerabile“. Secondo Sartori il processo è da rifare e anche un altro degli elementi che portarono i coniugi alla condanna, le loro confessioni, sarebbe tutt’altro che granitico: “La confessione dell’innocente è un evento più frequente di quanto si pensi. In questo caso risultano piene di errori (…). In più – ha aggiunto Sartori – la progettazione della strage e del complesso alibi è incompatibile con l’assetto psichico dei due condannati“.
Per la difesa, Olindo Romano avrebbe la tendenza a credere a tutto ciò che gli viene prospettato e sua moglie, Rosa Bazzi, si troverebbe in una situazione peggiore perché affetta da un ritardo mentale lieve. Un concorso di fattori che, secondo gli avvocati e i consulenti di parte, renderebbe fantascientifica l’ipotesi che Olindo e Rosa siano stati capaci di pianificare e mettere in atto una strage così complessa senza lasciare alcuna traccia sulla scena del crimine.