È risaputo che in Italia permane un alto tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, a fronte di una crescente richiesta delle aziende che non riescono a trovare circa 2 milioni di addetti con competenze e abilità adeguate alla richieste. Il fenomeno al suo interno contiene un’ulteriore aggravante dovuta al rallentamento della storica mobilità territoriale dal Sud verso il Nord del Paese, soprattutto a causa dell’alto costo della vita non sostenuto da salari adeguati.
In maniera generalizzata “il dito” è puntato sulla scuola, e in particolare sugli istituti professionali, che sembrano sempre più distanti dal mondo delle imprese. Il presidente di CNA industria e del Consorzio Cedem di Modena, Marco Malagoli, riferendosi ai diplomati del segmento professionale, ha recentemente affermato: “Molti non sanno distinguere tra una chiave a brugola e una chiave inglese, non sanno accendere la luce o non sanno perché si accende e spesso non sanno neppure capire quello che diciamo”. Un’accusa molto forte, che se fosse confermata sarebbe la pietra tombale del sistema scolastico e formativo che sfornerebbe ragazzi senza competenze minime di base e non adatti al mondo del lavoro. Pur riconoscendo qualche criticità del sistema formativo, credo che l’accusa del presidente Malagoli sia ingenerosa, semplicistica e acritica rispetto alle responsabilità “altre”.
Infatti, è risaputo che l’apprendimento è un processo che avviene in diversi modi e luoghi. Può essere volontario o involontario, può essere certificato o meno, può essere pratico o teorico o misto. Ma, soprattutto può avvenire in contesti formali, informali e non formali, mettendo in stretta relazione il sistema scolastico e il sistema aziendale.
Una misura pensata per avvicinare scuola e imprese è l’alternanza scuola-lavoro, oggi Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (PCTO). Questi percorsi, se progettati e realizzati secondo lo spirito della norma, consentono sicuramente agli studenti di arricchire i saperi disciplinari e acquisire competenze trasversali importanti. Ma sono anche un’opportunità per le aziende, che ne possono trarre enormi vantaggi. Esse hanno la possibilità di promuovere una sorta di formazione nel territorio lavorando insieme alle scuole sulle competenze dei ragazzi per formare il capitale umano del futuro. Ciò può avvenire attraverso percorsi esperienziali che favoriscano l’apprendimento autonomo degli studenti e l’acquisizione di competenze trasversali (soft skills) spendibili in diversi contesti. L’alternanza permette all’impresa di avere una maggiore riconoscibilità all’interno del territorio, promuovendo il proprio ruolo sociale e la propria funzione formativa. Allo stesso modo l’alternanza scuola-lavoro per l’azienda è un’occasione per far conoscere i suoi prodotti, le sue metodologie di lavoro e la propria mission.
Un’altra opportunità è rappresentata dal sistema duale, nato in Germania e diffuso in vari Paesi del Nord Europa, che consiste in una modalità di apprendimento basata sull’alternarsi di momenti formativi “in aula” (presso una istituzione formativa) e momenti di formazione pratica in “contesti lavorativi” (presso una impresa o organizzazione).
Queste brevi considerazioni, a mio avviso, sono sufficienti per consentire a tutti, scuole e aziende, di avviare un processo di riconoscimento reciproco progettando, attuando e certificando percorsi formativi integrati ed efficaci. Nel medio-lungo periodo i percorsi PCTO e il sistema duale possono sicuramente ridurre il divario tra le competenze in uscita dal sistema scolastico e le competenze richieste dal mondo del lavoro, consentendo di ridurre il cosiddetto skill mismatch. Gli studenti avrebbero l’effettiva possibilità di sviluppare le skills richieste in ambito lavorativo: autonomia, creatività, innovazione nel gestire i compiti assegnati, problem solving, comprensione della complessità dei vari linguaggi, comunicazione, organizzazione. Ciò per l’azienda prefigura una grande opportunità di risparmio sia sui costi di ricerca selezione del personale, sia sui costi di formazione iniziale dei neoassunti.
Se a questo aggiungiamo che per le aziende che accolgono i giovani sono previsti contributi a fondo perduto, che variano da regione a regione, penso davvero che sia il momento di rimboccarsi le maniche ed evitare un grave danno per le future generazioni in formazione e per il sistema produttivo complessivo del Paese.
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