L’AUDIZIONE DI GIORGETTI SUL PATTO DI STABILITÀ: “NON POSSIAMO ACCETTARE REGOLE TROPPO STRINGENTI CONTRO LA CRESCITA”
L’Italia è pronta a votare “no” sul nuovo Patto di Stabilità alla riunione dell’Ecofin il giorno dell’Immacolata: lo si è capito ieri nell’audizione alle commissioni Bilancio congiunta di Camera e Senato del Ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, specie quando ha sottolineato che «Su deficit e debito la risposta è la serietà: significa prendersi impegni che si possono mantenere. Di fronte a delle regole sfidanti noi in qualche modo possiamo anche accedere, ma rispetto a regole impossibili da mantenere io non credo per serietà si possa dire di sì».
Un lungo negoziato tutt’altro che vicino ad essere chiuso, come evidenziato dal Commissario Ue agli Affari Economici Paolo Gentiloni: la Commissione Ue preme per trovare un accordo prima delle Elezioni Europee ma l’Italia (e non solo) non giudica ottimale la bozza presentata che addirittura rischia di essere più dannosa del “vecchio” Patto sospeso negli ultimi 3 anni per l’emergenza economica seguente alla pandemia Covid, alla guerra in Ucraina e alla crisi del gas. La previsione di ulteriori vincoli rispetto a quanto proposto dalla Commissione, come richiesto dal Governo di Berlino (a sua volta travolto dallo scandalo sul “buco di bilancio” della Manovra tedesca), «potrebbe portare a un esito non pienamente conforme agli obiettivi della riforma così come delineati a partire dalla Comunicazione della Commissione stessa», ha aggiunto Giorgetti parlando alle commissioni proprio sulla revisione del Patto di Stabilità e Crescita europeo.
PATTO DI STABILITÀ E MES: IL NEGOZIATO DI GIORGETTI IN UE E LO “SPETTRO” DELLA GERMANIA
Il Governo Meloni, sottolinea ancora il titolare del MEF, è disponibile a trovare una nuova soluzione, la quale però «non deve tradursi in un sistema eccessivamente complesso e potenzialmente contraddittorio». Giorgetti lo dice in più passaggi che le regole contro la crescita non faranno danni solo all’Italia ma anche ad altri Paesi dell’Eurozona: «non è che possiamo accettare tutto quello che viene proposto. E siccome siamo assolutamente convinti della ragionevolezza della nostra posizione – perché non è che siamo andati lì come i matti – non ci si può chiedere di andare non semplicemente contro l’interesse dell’Italia ma a nostro giudizio anche contro gli interessi dell’Europa».
Roma, da par suo, «intende ridurre il debito in maniera realistica, graduale e sostenibile nel tempo, in un assetto che protegga e incentivi gli investimenti. Conclusivamente ritengo che le regole fiscali e di bilancio non siano il fine ma il mezzo. Saremo coerenti con questo approccio». Secondo il Ministro dell’Economia non servono vincoli eccessivi o regole troppo stringenti, bensì «le esigenze di consolidamento dovrebbero essere compatibili con l’intento di favorire una crescita sostenibile e duratura dell’economia». In questo senso l’Italia fa intuire di voler giocare un ruolo di “veto” sfruttando la regola ancora rimasta dell’unanimità sulla riforma: «la riforma del Patto di Stabilità richiede l’unanimità per quanto riguarda il braccio correttivo e una maggioranza qualificata per quello preventivo. Non potendosi tuttavia immaginare la revisione dell’uno senza quella dell’altro – aggiunge il n.2 della Lega – è di fatto richiesta l’unanimità tra gli Stati membri». Il Ministro Giorgetti ha po sottolineato in audizione come l’aggiustamento di bilancio minimo richiesto agli Stati membri con deficit superiori al 3 per cento del Pil «sarà pari allo 0,5 per cento del Pil, in termini strutturali, finché l’eccesso di disavanzo non sarà assorbito […] La sorveglianza, che si baserà sulle relazioni sullo stato di avanzamento dei Piani nazionali presentate annualmente dagli Stati membri, andrà a valutare la congruità dell’andamento della ‘spesa primaria netta’ effettiva con i Piani approvati».
Tanto la riforma sul Patto di Stabilità quanto sul MES, il n.1 del Tesoro rileva l’importanza del Parlamento nell’attuazione e nella ratifica: «Noi non abbiamo mai ricattato nessuno, noi non ricattiamo nessuno», aggiunge Giorgetti, «ma che ci sia una correlazione tra Mes e Patto di stabilità è nei fatti». Il Ministro dell’Economia lo dice chiaramente, riferendosi in particolare modo alle richieste ultra-rigide di Berlino: «La fissazione di un ritmo di riduzione minima del debito e di un obiettivo massimo di deficit deve, per così dire, salvaguardare la prudente gestione del quadro di finanza pubblica nazionale, ma non dovrebbe trasformarsi in ulteriori stringenti regole che limitino in maniera eccessiva le politiche di bilancio dei Paesi europei».