A due mesi dalla strage del 7 ottobre, i fumogeni della propaganda ancora limitano la visione e la comprensione di quadro e cornice dell’infinita guerra israelo-palestinese. Nonostante questo, però, analizzando i dati di fatto possiamo già avere una ragionevole sicurezza sulle ragioni geopolitiche che hanno portato alle ostilità. Cioè, le scelte obbligate che ogni entità politica deve compiere, spesso scommettendo su eventi futuri, per la sua sopravvivenza. Scelte basate sulle peculiarità dei popoli e dei territori. Anche al di fuori della volontà dei decisori politici.
Dobbiamo comprendere subito che i motivi, la forza e gli obiettivi geopolitici anche solo di un’azione per quanto efferata come la strage del 7 ottobre si basano sul prodotto di quattro fattori: militari, politici, economici e propagandistici. Che si moltiplicano a vicenda e si azzerano se uno di loro vale zero. A tutto questo dobbiamo aggiungere, per la realizzazione dei piani, tutta la complessità dello scacchiere internazionale, che può variare rapidamente e radicalmente i destini di un qualsiasi progetto.
La pagina odierna della storia della Palestina nasce dall’idea imperiale anglo-francese di seminare il caos in una zona tanto importante. Il progetto fu attuato ricavando uno spazio nazionale, fuori dell’Europa, per i sopravvissuti all’olocausto. La Palestina pagava il debito europeo verso gli ebrei. Nell’area nasceva una fonte di caos permanente che avrebbe impedito ogni possibilità di egemonia in quel quadrante. Arrivando ad oggi, cominciamo ad unire i puntini dall’attore più debole. Hamas dipende in larga parte dall’aiuto dell’Iran, i suoi capi al sicuro e ben pasciuti all’estero hanno accettato di fare guerra per conto dell’Iran atteggiandosi a moderni Vietcong, hanno cercato l’escalation grazie alle migliaia di vittime civili usate come scudi umani e la conseguente onda mediatica via social. Hanno sperato che le opinioni pubbliche fermassero la tempesta di fuoco su Gaza e invece hanno visto il territorio raso al suolo.
Le armi ritrovate a terra ci dicono che il mandante di Hamas in guerra è l’Iran, che ha fatto guerra per procura perché il caos indotto impedisse il concretizzarsi dell’accordo tra ebrei e wahabiti. E se inoltre, come pare, israeliani e palestinesi si stessero accordando per lo sfruttamento degli immensi giacimenti di gas nel mare di Gaza, questo avrebbe indubbiamente indebolito la posizione della Repubblica islamica nell’area. Alle spalle dell’Iran ci sono Russia e Cina, impegnate a contrastare la globalizzazione a trazione Usa, che vedrebbero volentieri gli Usa impantanarsi nel caos mediorientale. Ma che soprattutto vogliono minacciare la Nato nel quadrante mediorientale per chiudere in vantaggio il dossier ucraino. Nella cornice della questione il mondo wahabita, con il Qatar in testa, non ha risposto alla chiamata alle armi, anzi ha gettato acqua sul fuoco impegnandosi per la liberazione degli ostaggi e il cessate il fuoco. E anche il ramo Hezbollah dal Libano non si è mobilitato più di tanto. La Turchia ha sempre avuto rapporti molto poco intellegibili con Israele, a cominciare dal salvataggio di Erdogan durante il fallito colpo di Stato; ora i bene informati ci riferiscono di armi turche ritrovate nel teatro di guerra. Ma nessuno si sbilancia. Forse perché anche Israele è Paese associato Nato.
Per collegare gli ultimi puntini ci rifacciamo alle parole di un grande stratega, il generale von Moltke, rivolte al presidente francese all’indomani della battaglia di Sedan: “Finché avete un esercito fomentate la rivolta per poterla reprimere”. Ed è di qualche giorno la notizia che Israele conoscesse da un anno i piani di Hamas per l’attacco. Nonostante questo il fronte di Gaza era praticamente sguarnito e la risposta agli attacchi è arrivata dopo circa sette ore, mentre il tempo di reazione dell’IDF è di circa un’ora.
Alla fine tutto ha un senso. Russia e Cina attraverso Iran e Hamas cercano di attirare la Nato nel pantano mediorientale e di aprire un terzo fronte per diluirne le forze. Ma Israele e la Nato hanno già raggiunto l’obiettivo di far entrare i finnici nell’alleanza ed hanno avvicinato di molto i cannoni occidentali a Mosca e San Pietroburgo. Quindi approfittano del disegno islamista per radere al suolo Hamas e abbandonano l’Ucraina al suo destino. Grazie anche agli equilibristi turchi e wahabiti che vedono affari migliori e nemici più affidabili ad Ovest piuttosto che ad Est.
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