Ogni volta che un Governo si occupa di pensioni finisce per mostrare alle opposizioni il proprio tallone d’Achille. Anche il Governo Meloni che ha fatto una regola della cautela nelle Leggi di bilancio si è imbattuto nel solito diavoletto che infila la coda nei dettagli. Gli scioperi generali a rate promossi da Cgil e Uil, con tanto di manifestazioni lungo tutta le penisola, hanno lasciato indifferente l’Esecutivo che ha proseguito per la sua strada, anche se non era ritenuta “maestra”. L’unica retromarcia che “Io sono Giorgia” si è concessa è quella relativa all’articolo 33, capitato per caso nel disegno di legge di bilancio a denunciare un privilegio sopravvissuto alla lodevole opera di armonizzazione dei trattamenti pensionistici pubblici rispetto a quelli privati: un’operazione che costituisce un vanto per l’Italia (anche per merito dei sindacati) rispetto agli altri Paesi europei. Certo, in tanti anni nessuno se ne era accorto, neppure Elsa Fornero la quale, a causa di questa distrazione, è stata scalzata dall’attuale Governo al primo posto nella classifica della ferocia previdenziale.
C’è da dire che le opposizioni e i sindacati, non avendo altro da fare, né altri argomenti da sollevare, si sono accaniti nella difesa della situazione precedente, senza fornire alcuna motivazione di merito se non quella del ruolo determinante svolto dai medici nella lotta al Covid-19, in forza del quale non sarebbe stato elegante privarli di un discutibile beneficio che li spingerebbe ad abbandonare il servizio e a precipitarsi in pensione o andare in esilio all’estero dove sarebbero pagati di più. Questa poi è la logica con cui in Italia si affrontano i problemi: se i medici da noi sono scarsamente retribuiti, non si risolve il problema lasciando invariato un meccanismo irrazionale che regala loro una maggiorazione del 25% della pensione.
Ricordiamo brevemente il casus belli. Che cosa dispone l’articolo 33? “Le quote di pensione a favore degli iscritti alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali (CPDEL), alla Cassa per le pensioni dei sanitari (CPS) e alla Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI), liquidate a decorrere dal 1° gennaio 2024, secondo il sistema retributivo per anzianità inferiori a 15 anni, sono calcolate con l’applicazione dell’aliquota prevista nella tabella di cui all’Allegato II alla presente legge. Per le anzianità superiori a 15 anni seguita a trovare applicazione la tabella di cui all’allegato A della legge n. 965 del 1965″.
Le Casse citate fino al 1994 erano gestite direttamente da una Direzione del Tesoro e vennero incorporate insieme agli enti gestori della buonuscita nell’Inpdap, che a sua volta nel 2012 venne incorporato nell’Inps. Come per tutte le categorie della Pa, l’anzianità di servizio fino a tutto il 1992, viene calcolata sulla base dell’ultimo stipendio. E, in generale, nel pubblico impiego era previsto un rendimento maggiore nei primi 20-25 anni, a seconda dei casi, allo scopo di favorire il pensionamento anticipato, mentre nei settori privati (AGO) il rendimento è sempre stato uniforme (2% l’anno) fino all’80% della retribuzione pensionabile con 40 anni di servizio. Nelle Casse ex Tesoro era previsto un rendimento più favorevole nei primi 15 anni di servizio calcolati col sistema retributivo. In particolare, la scala dei valori partiva (e parte) da un’aliquota pari al 23,865%, in corrispondenza dell’anzianità zero di 23,865%; ciò allo scopo di tutelare i superstiti di un lavoratore defunto nel primo anno di impiego. Come dimostra il grafico i rendimenti si sarebbero allineati al 15° anno di anzianità.
Grafico – Nuovi e vecchi valori contenuti nella Tabella A (L. n. 965/65 e L.n.16/86)
La norma ha già provocato uno sciopero dei sindacati autonomi del personale sanitario lo scorso 5 dicembre, mentre un altro dell’intersindacale confederale si svolgerà nei prossimi giorni perché non sono state ritenute sufficienti le modifiche contenute in un emendamento all’articolo 33 presentato dal Governo in Commissione bilancio. Le modifiche di cui alla lettera a) sono dirette a:
– limitare l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 33, commi da 1 a 4, ai soli casi di accesso al pensionamento anticipato indipendentemente dall’età anagrafica;
– escludere in ogni caso dall’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 33, ai soggetti che maturano i requisiti per l’accesso al pensionamento entro 31 dicembre 2023;
– escludere in ogni caso dall’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 33, commi da 1 a 4, i casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età o di servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza, per collocamento a riposo d’ufficio a causa del raggiungimento dell’anzianità massima di servizio prevista dalle norme di legge o di regolamento applicabili nell’amministrazione;
– prevedere che la riduzione del trattamento pensionistico come sopra rideterminata sia a sua volta ridotta in misura pari a un trentaseiesimo per ogni mese di posticipo dell’accesso al pensionamento rispetto alla prima decorrenza utile per gli iscritti alla Cassa per la pensione dei sanitari (CPS), nonché per gli iscritti alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali (CPDEL) che cessano l’ultimo rapporto di lavoro da infermieri. Ciò al fine di assicurare un efficace assolvimento dei compiti primari di tutela della salute e di garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza.
In sintesi- come riassume Sanità 24 Ore – sono preservate le pensioni di vecchiaia e penalizzate le anticipate. Le pensioni di vecchiaia saranno escluse dalla stretta prevista in manovra per medici, dipendenti di enti locali, maestri e ufficiali giudiziari, ma saranno invece penalizzate quelle anticipate. In ogni caso non rientreranno nelle nuove disposizioni tutte le pensioni di coloro che maturano i requisiti entro il 2023.
I medici vedono operare una stretta più soft sulle pensioni anticipate: si conferma la stretta per tutte le pensioni anticipate, ma per i sanitari si prevede infatti una riduzione di un trentaseiesimo del taglio per ogni mese in più di permanenza al lavoro. È prevista inoltre per tutte le pensioni anticipate una revisione delle finestre d’uscita che – secondo la relazione tecnica – prevede un posticipo della decorrenza di un mese se si maturano i requisiti nel 2025, di 2 mesi se si maturano nel 2026, di 4 mesi per chi li matura nel 2027 e di 6 mesi a partire dal 2028.
Queste modifiche all’articolo 33 della manovra relative alle pensioni dei dipendenti pubblici, tra cui i medici, garantiscono “un sostanziale e complessivo equilibrio” dei conti, secondo la relazione tecnica allegata all’emendamento del Governo, depositato in commissione Bilancio al Senato. La relazione si sofferma sul rapporto debito/Pil spiegando che “il complessivo intervento conferma gli andamenti a legislazione vigente in merito al grado di sostenibilità delle finanze pubbliche e del debito pubblico e dei relativi indicatori”.
I dirigenti medici e gli infermieri potranno, se vorranno, rimanere al lavoro fino ai 70 anni. Nell’emendamento, come riportato dall’Ansa, si legge che “i dirigenti medici e sanitari del Ssn nonché gli infermieri possono presentare domanda di autorizzazione per il trattenimento in servizio anche oltre il limite del quarantesimo anno di servizio effettivo e comunque non oltre il settantesimo anno di età”. Anche Inps e Inail possono autorizzare i propri medici al trattenimento in servizio fino ai 70 anni di età.
Quindi, non corrisponde a verità che ci sia stato un incremento dell’età pensionabile. Del resto i sindacati dei medici devono mettersi d’accordo tra di loro. Nella XVI Legislatura, quando il Governo introdusse una norma che autorizzava le amministrazioni pubblica a mandare in quiescenza i dipendenti al compimento del massimo dell’anzianità contributiva a prescindere dall’età anagrafica, i dirigenti medici e i medici chiesero e ottennero una deroga che consentiva loro di prestare servizio fino a 70 anni. L’emendamento è in linea con l’impostazione generale che il Governo ha assunto in materia di pensioni: quella di scoraggiare il pensionamento anticipato che in passato era stato spesso incoraggiato. Ovviamente è visibile la mediazione con la quale, nei primi 15 anni, si accorcia ma non si sopprime la differenza tra le due curve di riferimento oltre a salvare le aspettative delle persone più prossime alla quiescenza. Comunque, l’articolo 33 non può continuare a ritardare l’iter della Legge di bilancio.
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