Agnese Moro, figlia di Aldo, parla di chi ha ucciso il padre, 45 anni fa. Al Salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale a Genova, dopo aver ricevuto il Premio Internazionale Primo Levi, Agnese dice: “Non si ripara l’irreparabile, ma abbiamo attraversato insieme i nostri inferni, io e i miei amici difficili e improbabili, i miei amici preziosi”. Il primo ad alzarsi in piedi, per una standing ovation, è Franco Bonisoli, ex brigatista, uno di quelli che rapì l’ex presidente del consiglio e presidente della Dc. Proprio di lui parla la figlia di Moro, che sul palco afferma: “L’incontro è molto importante perché, fino ad allora, vivevo in un mondo popolato di fantasmi”.
Come riporta Repubblica, Agnese continua: “Al primo incontro, invece, mi trovai di fronte a una persona: fino ad allora ero circondata da fantasmi giovani, invece lì c’era un vecchio. E il dolore, ho capito, non era solo mio. Mi disse “Hai una faccia che non si può vedere”, perché gli ricordavo mio padre. È strano il loro desiderio di incontro. Si sono fatti decine di anni di galera brutta, eppure mi vogliono incontrare. La giustizia riparativa è fatta così: raccontare, rimproverare e imparare a disarmarsi, per ascoltare. E ci fa togliere le maschere: quelle che ci hanno intrappolato per decenni: loro, quelle di cattivi per sempre. Noi, quelle di vittime per sempre. La giustizia riparativa si occupa dell’irreparabile”.
Agnese Moro: “Eravamo danneggiati dal nostro dolore”
Anche Claudia Mazzucato, docente di Giustizia riparativa e promotrice del progetto “L’incontro”, prende parola sul palco e riconosce a Moro la “forza mite di essere chiamata e rispondere”. Agnese Moro ritiene un onore ricevere un premio dedicato a Primo Levi: “Ammiro tanto il suo coraggio di non cedere mai alla tentazione della semplificazione. Levi non ha mai escluso neppure un atomo, neppure il più contraddittorio o il più scomodo. Una virtù, la complessità, di cui abbiamo assoluto bisogno, in un mondo che ama i leader, le persone strafighe”.
Ringrazia poi i mediatori del progetto “L’incontro”: “Noi vittime eravamo squinternati, danneggiati dal nostro dolore. Sono grata a loro, ma anche ai miei compagni di viaggio difficili. Il mio unico merito è aver varcato la soglia, aver accettato di provarci dopo trentuno anni dalla morte di mio padre. Mi sono accorta, durante un incontro, che era da allora che non facevo più un respiro completo. E ho anche ritrovato un “prima”. Perché guardavo le foto di mio padre, con me piccola, e le vedevo macchiate di sangue. I miei amici improbabili mi hanno restituito il conforto di quelle fotografie”. Conclude poi: “In me c’era una goccia d’ambra in cui era intrappolato un insetto ferito. Ora, al suo posto, c’è un luogo di quiete in cui convivono mio padre, Aldo Moro, e i miei amici improbabili”.