Dopo aver scontato la pena per l’omicidio dei genitori, Pietro Maso vuole collaborare con un’associazione attiva nel carcere di Verona, Sbarre di zucchero, a tutela di detenuti ed ex reclusi, nata contro l’escalation di suicidi. Il 52enne, già consigliere della onlus La pietra scartata di Pescantina che si occupa del reinserimento dei detenuti, racconta in una lettera di volersi mettere a disposizione dell’associazione dopo aver letto la notizia dell’ennesimo suicidio a Montorio. «Sono Pietro Maso, sicuramente sapete chi sono, conoscete la mia storia dato che ho occupato le prime pagine dei quotidiani, dei vari notiziari in tv e una delle mie interviste viene riproposta sul Nove ogni due o tre mesi…». Inoltre, si definisce un uomo «del tutto nuovo» che, alla luce del numero crescente di suicidi in carcere, vuole offrire il suo «impegno, tempo, dedizione, esperienza», visto che lui, dopo aver scontato la sua pena, si è scontrato con «muri altissimi e porte chiuse in faccia».
Pietro Maso vorrebbe far conoscere al movimento chi è diventato, dopo un «lungo cammino di penitenza e conversione» che lo ha spinto a trasformare il male commesso in bene. Dopo aver scontato 22 anni di carcere e 5 in semilibertà, ritiene di essere competente in merito a dinamiche, abusi, soprusi e umiliazioni che i detenuti devono affrontare. «Personalmente avrei qualcosa da dire, che potrebbe essere utile a voi e alle persone che state aiutando, ma c’è molta strada da fare per i direttori, i garanti dei detenuti, gli educatori e le guardie».
PIETRO MASO DOPO 22 ANNI DI CARCERE E 5 DI SEMILIBERTA’
L’offerta di Pietro Maso sembra essere stata accettata dall’associazione, visto che il 21 dicembre sarà intervistato da Carmelo Sardo del Tg5, in streaming sui canali social di “Sbarre di zucchero“. Nel carcere di Verona, sovraffollato come molti ma con un problema ancor più grave di valutazione delle condizioni psicologiche dei detenuti, qualcosa va fatto. Il silenzio delle voci autorevoli viene rotto dalla lettera di Pietro Maso, senza filtri, lui che sostiene di essersi macchiato «del più terribile dei crimini». Era il 17 aprile 1991 quando uccise i genitori a Montecchia di Crosara nel Veronese.
Lui a volto scoperto con tre amici vestiti da carnevale, aspettò i genitori Antonio e Rosa per colpirli con un tubo di ferro, fino a massacrarli. Il duplice omicidio gli costò 22 anni di carcere e 5 di semilibertà, ma anche disprezzo e riprovazione, oltre che una celebrità perversa di cui fu oggetto, investendolo come un ciclone. «Hanno scritto di me, di noi, che abbiamo ucciso per fare la bella vita. Noi volevamo entrare nella vita. E invece, macchiandomi del più terribile dei crimini, a 19 anni sono entrato nella tomba insieme a mamma e a papà…», raccontava Pietro Maso nel libro di Raffaella Regoli “Il male sono io”.