Marino Bartoletti, giornalista e conduttore tv, si racconta sulle pagine del Corriere della Sera, partendo dalla sua educazione: “Devo tutto ai miei genitori, entrambi erano sarti: Maria e Gualtiero. Mi hanno insegnato ad apprezzare ogni conquista, la prima bicicletta, la prima racchetta: cercare di meritarmi le cose è sempre stato il mio percorso di vita”. La passione per la musica lasciò presto il passo al giornalismo: “Sognavo il Guerin Sportivo, avevo già il prurito alle mani e la Lettera 32: se penso a quanti posti nel mondo ha visto quella macchina per scrivere, penso di aver realizzato quel sogno. Sentire quel ticchettio mi dà ancora un colpo al cuore quando mia nipote mi chiede di giocare con le vecchie “tastiere””.
Come inviato dell’Occhio di Maurizio Costanzo, il giornalista fu anche arrestato: “Dopo gli anni da inviato al Giorno, subii il fascino di via Solferino, ma Costanzo se ne andò dopo poco e rimasi disoccupato. L’arresto, per errore, fu a Montevideo al Mundialito di fine 1980: capitai in mezzo a una rissa nel tunnel degli spogliatoi e un ufficiale pensò di aver preso un calcio da me. Mi portarono in una specie di prigione: dovette intervenire l’ambasciatore”. Poco dopo il licenziamento “Palumbo mi chiamò in Gazzetta, ma rifiutai per fare sei mesi alla Rai di Milano, dove nessuno voleva curare i collegamenti con il Processo del lunedì: seguii i Mondiali del 1982 da freelance, ma subito dopo tornai al Guerino come ivviato e mi fu proposta la conduzione del Processo”. Quella per lui fu la svolta “perché capii di poter stare in tv con serietà, competenza e un pizzico di ironia. Da lì andai alla Domenica sportiva“.
Marino Bartoletti: “Maradona il campione che ho amato di più”
Tanti i campioni incontrati da Marino Bartoletti nel corso della sua lunga e vincente carriera, come racconta al Corriere della Sera: “Forse quello che ho amato di più per la sua fragilità è Maradona: lo conobbi durante i Mondiali del 1978 in Argentina, a cui lui non partecipò; lo ritrovai nel 1984 in una tournée della Nazionale di Bearzot a New York e gli portai la maglia del Napoli per fare lo scoop, dato che era in procinto di lasciare Barcellona. Nacque un’amicizia molto importante”. Fu proprio il giornalista a ideare “Quelli che il calcio“: “Forse la cosa professionalmente più bella che ho mai fatto, almeno in tv. Una creatura che ho difeso in culla, quando nessuno la voleva condurre: chiedemmo anche a Dario Fo, ma Franca Rame ci rispose indignata. Si arrivò a Fabio Fazio per eliminazione: lui fece la fortuna della trasmissione e viceversa”.
Da qualche mese, Marino Bartoletti ha scoperto di star male. Questo gli ha lasciato “la convinzione che dovremo volerci più bene, cercando di fare più prevenzione. Sono stato molto fortunato, perché tutto è stato preso in tempo, ma devo la mia vita a persone che sapevano terribilmente il fatto loro” racconta. Oggi “scrivo tanto del paradiso che comincio a pensarci seriamente. Mi piace immaginare che ci sia un aldilà in cui si può star bene e trovare le persone che abbiamo amato. Le statistiche Istat mi concedono ancora 8 anni e mezzo di vita e spero che siano anni sereni e fertili come adesso: dopo la Partita degli dei devo cominciare a pensare al Festival degli dei”.