Quando con una persona hai praticamente vissuto quasi tutta la vita “in parallelo”, anche se puoi accettare che la sua salita al Cielo sia il suo dies natalis, com’è avvenuto ieri per Luisa Ribolzi, sei pieno di tristezza: serena, ma sempre tristezza.
Con Luisa abbiamo frequentato insieme il Berchet, ancorché in classi separate, perché allora vigeva una ferrea divisione tra maschi e femmine (e lei era più giovane di un anno), entrambi allievi di don Giussani, abbiamo percorso sin dai primi anni il grande incontro con Gioventù Studentesca prima e con Comunione e Liberazione poi.
Abbiamo fondato insieme a Giovanna Rossi e Marco Martini (un altro grande amico che ci ha lasciato ormai tanti anni fa) Gruppo Clas, una delle intraprese di ricerca e consulenza di maggiore qualità e professionalità che vi siano state in Italia nel campo dell’economia, del territorio, della formazione e della sociologia. Questa avventura è durata più di quarant’anni.
Ma parallelamente – spinti dalla comune passione per comprendere e aiutare la realtà economica e sociale del Paese – abbiamo percorso una fortunata carriera universitaria. Abbiamo insegnato insieme a Trento ed entrambi abbiamo vinto la prima cattedra a Bari. Finita l’università, l’impegno culturale nella Fondazione per la Sussidiarietà ci ha ancora visto insieme (ma lei è stata autrice di molti più articoli sul Sussidiario!)
È sempre stata attenta ai grandi problemi della scuola e della formazione. Come non ripercorrere i suoi interventi sui processi formativi, in particolare sulla formazione degli insegnanti, sulle scuole paritarie, sui rapporti tra scuola e lavoro, sulle politiche scolastiche così impacciate e bistrattate nel nostro Paese, sui rapporti tra scuola e lavoro, sulle non cognitive skills, sulla valutazione (era stata chiamata a far parte di Indire, Invalsi e Anvur).
Ha scritto un numero impressionante di libri e articoli in materia e testimoniato la sua professionalità e competenza in numerosi incontri pubblici, sempre stimata e apprezzata da studiosi e politici di ogni provenienza.
Era una persona “brillante” nella sua serietà: aveva sempre pronte battute e barzellette divertentissime e possedeva una rara ironia sulla realtà. In una sua iniziale attività editoriale alla Mondadori aveva già dato prova di questa “allegra umanità” scrivendo un ”best seller” come Il manuale di Nonna Papera, goduto e amato da tanti bambini per le sue ricette, i giochi e le sue semplici proposte educative.
E poi era una donna “pratica”: ricordo in un viaggio a Trento, quando in treno, di fronte al comune collega Carlo Secchi, poi divenuto rettore della Bocconi, che si lamentava perché si era sfilacciato un bottone del suo cappotto, tirò fuori dalla sua ricca borsetta ago e filo per consolidarglielo.
Una persona a tutto tondo di cui non potremo, in tanti, che sentire la mancanza, ma a cui dire grazie per l’amicizia e la compagnia che ci ha fatto per tanti anni.
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