Le “loyalty penalties” e l’indicizzazione delle tariffe all’inflazione rappresentano, nel complesso mondo della telefonia, due tre le principali pratiche commerciali discutibili che gli operatori adottano e che finiscono per penalizzare i consumatori. Pratiche che sono finite al centro di alcune azioni da parte delle autorità competenti, ma che non sono ancora state completamente arginate e bloccate.
Le loyalty penalties consistono nel pagamento di tariffe mensili fisse, anche dopo aver finito di pagare il telefono o il dispositivo incluso nel contratto iniziale e che prevedeva, appunto, una maggiorazione teoricamente limitata nel tempo, collegata al dispositivo. Con questi extra-profitti, inoltre, gli operatori possono permettersi di offrire tariffe più vantaggiose ai nuovi clienti, sottraendoli alla concorrenza. Secondo una stima, questa pratica ha colpito 5 milioni di britannici, costando loro in media 1.800 sterline a testa. Oltre a distorcere la competizione di mercato, le loyalty penalties penalizzano i consumatori più fedeli.
In UK, l’autorità Ofcom per ridurre le pratiche scorrette degli operatori commerciali, è recentemente intervenuta obbligandoli a informare gli utenti sulla scadenza dei contratti e sulle offerte migliori disponibili. Nonostante ciò, si stima che comunque 1 cliente su 7 continui a pagare queste “tasse nascoste”. Un’azione legale da 3,3 miliardi di sterline è stata avviata per ottenere il risarcimento dei consumatori.
L’altra operazione scorretta adoperata dagli operatori telefonici è l’indicizzazione delle tariffe all’inflazione. Gli operatori principali hanno, infatti, applicato aumenti fino al 17,3%, ben oltre il valore ufficiale dell’inflazione. Pratica, peraltro, vietata in settori come le forniture di luce e gas. Ofcom punta ora a vietare gli aumenti percentuali, obbligando a indicare gli eventuali rincari in termini assoluti all’interno dei contratti.
In Italia, invece, l’Agcom ha concesso l’indicizzazione all’inflazione, purché sia trasparente e con possibilità di recesso gratuito. L’aumento di Tim e WindTre, però, applica un “correttivo” all’indice Istat, incrementando ulteriormente le tariffe. Il consumatore potrà, tuttavia, sempre cambiare offerta se la l’aumento percentuale supera il 5%. Insomma, nel settore telefonico i clienti devono stare attenti alle maggiorazioni nascoste che potrebbero trovarsi a pagare in virtù di pratiche commerciali quantomeno dubbie, e contro le quali servirebbe un’azione decisa delle authority per tutelare gli utenti.