Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kiev, ha riflettuto sulla guerra in Ucraina che si appresta a festeggiare il “suo” secondo Natale. Quest’anno, peraltro, il Consiglio pan-ucraino delle Chiese ha deciso di fissare i festeggiamenti natalizi per il 25 dicembre, secondo il calendario liturgico occidentale, contro la tradizione, ancora diffusa per esempio in Russia, di festeggiarlo il 7 gennaio.
Ma l’arcivescovo, così come i suoi concittadini in Ucraina, spera che sia alcune l’ultimo Natale sotto le bombe della Russia ed, in merito, ci tiene ad appellarsi al mondo, e soprattutto all’Occidente, affinché “non si dimentichi la nostra gente“. L’arcivescovo, infatti, ritiene che “il sostegno che nei primi mesi di guerra è stato di respiro globale viene adesso strumentalizzato dai partiti” al punto che “negli Stati Uniti è diventato argomento di lotta politica”. Secondo Shevchuk, infatti, “quando si parla di Ucraina, tutti dovrebbero avere davanti agli occhi i volti dei bambini, delle donne, degli anziani che soffrono” e festeggiare il Natale all’interno della figurativa comunità occidentale “è un appello alla solidarietà internazionale. Vogliamo sperimentare di non essere abbandonati”.
Shevchuk: “La guerra in Ucraina va fermata, non congelata”
Riflettendo, invece, sul futuro della guerra per l’Ucraina, l’arcivescovo di Kiev ci tiene a precisare che “il conflitto non va congelato, ma risolto. Se congelassimo la guerra”, spiega, “significherebbe lasciare al nemico la possibilità di riorganizzarsi per attaccare di nuovo“. Nel 1994, ricorda Shevchuk, Kiev consegnò le sue “armi nucleari. Un gesto profetico” con il quale “si affidò alla forza del diritto internazionale” che ora deve essere da stimolo per “un accordo di pace”.
Tuttavia, l’arcivescovo di Kiev ritiene anche che seppur la guerra in Ucraina potrebbe interrompersi dal punto di vista militare, “continuerà con altre modalità“, come per esempio “la disinformazione o le ritorsioni economiche. Affinché il conflitto si fermi”, spiega, “occorre la conversione dell’aggressore. Umanamente appare impossibile, ma dal punto di vista cristiano tutto può succedere”. L’esempio, secondo l’arcivescovo dell’Ucraina, è l’Unione Sovietica, che nessuno avrebbe mai immaginato potesse crollare, ma “invece è accaduto” e ci insegna che è l’importante è “non rassegnarsi mai”.