Il Ciad è uno stato in cui l’80 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Coesistono in un quadro politico complesso e difficile musulmani e cristiani. Le risorse economiche non costituiscono, purtroppo, a causa di molteplici fattori l’occasione per un miglioramento delle condizioni di vita. C’è, tuttavia, una presenza cristiana che testimonia con la condivisione di vita una possibilità nuova. Don Nur El Din Nassar, sacerdote missionario fidei donum da Domodossola è arrivato in Ciad, nella parrocchia di Bissi Mafou, diocesi di Pala, dove cerca di testimoniare una vita cristiana.
Quale spinta ideale ti ha portato in Ciad? Che influsso hanno avuto la tua esperienza ecclesiale e i tuoi amici?
Innumerevoli persone e realtà mi hanno donato una coscienza chiara di essere stato ordinato prete per il mondo, per tutti, non dico pronto, ma sicuramente desideroso di scavalcare le frontiere geografiche e antropologiche. Un po’ sono nato con lo zaino, e il cammino ha sempre fatto parte della mia indole. Amo continuamente fare e disfare lo zaino in posti e case nuove, è un dono di molte persone: la famiglia, il movimento dei focolari, gli scout, i frati di Domodossola, le esperienze con l’oratorio e con i gruppi giovani, i viaggi e le “zingarate” con gli amici, le GMG, preti che mi hanno proposto viaggi e visite alle missioni, le veglie missionarie, i convegni missionari da seminarista e tanti preti missionari. Non parlo solo di viaggiare all’estero, ma soprattutto fuori di sé, verso l’altro; anche all’interno di una parrocchia c’è tanta diversità e ricchezza, ci sono mondi. Questo per dire che, quando sei prete, soprattutto il prete diocesano, sei prete di tutti. È così che, pur non conoscendo il movimento di CL, mi è stato facile accogliere il dono di due amici “sconosciuti” che mi si sono presentati con una proposta per i ragazzi: mangiare assieme, giocare, parlare di cose grandi e studiare assieme. Poi da lì gli amici si sono moltiplicati e mi si è spalancata una realtà e un modo di essere Chiesa molto autentico e stupefacente.
Spiegaci meglio.
Nella mia esperienza non ho mai trovato come nello scoutismo e nel movimento di CL una tale coincidenza tra il metodo e la comunità: la comunità è il metodo. In parte questa esperienza, per un breve tempo, l’avevo sperimentata anni fa anche nell’incontro con il movimento dei Focolari. Nel Vergante alcuni bravi animatori mi avevano aiutato a toccare questa realtà: quanto miracoloso sia restare assieme a Gesù, in semplicità e letizia. Giussani in realtà l’ho letto poco: il Senso religioso certamente è un testo che centra la questione decisiva e ritorno spesso a riprenderlo in mano assieme ai volumoni di Mircea Eliade sulla religiosità e sul camminare religioso di tutta l’umanità. Una bella compagnia sono le pillole quotidiane di don Ambrogio che gli amici mi fanno arrivare qui in Africa e anche il giornalino Fraternità e missione della San Carlo con le sue bellissime testimonianze, che mi aiuta a non chiudermi nel mio angolo di savana e a sentire la compagnia di missionari in Siberia, in Cile, sul Carso, a Roma, in Spagna, in Kenya o a Taipei. Devo dire che in questi primi sei anni di Ciad i fratelli del Movimento di CL sono tra gli amici più fedeli, quelli che si fanno sentire più spesso, mi raccontano e condividono il lavoro della scuola di comunità e dei vari incontri, mi rendono partecipe delle gioie e delle croci, e che pregano proprio tanto e forte anche per me; diciamo che sono molto attenti a tenermi vicino e perciò sono infinitamente grato.
In che modo una presenza cristiana autentica può testimoniare una speranza efficace in un contesto così difficile?
Credo che i dati del Ciad tradiscano, facendo credere che vivere qui sia “così difficile”. Capisco che sembri paradossale, però qui si sa stare molto bene in piedi davanti alla realtà. L’ingovernabilità e l’impotenza sono quotidiane; se non è la norma, lo è quasi che le cose prendano pieghe inaspettate, sorprendenti, incontrollabili. Quante volte le cose non vanno affatto o semplicemente non vanno come le avresti immaginate e volute! Questo, stranamente, qui, non impedisce di stare bene e di avere speranza; nulla riesce a impedire di gioire, cantare e danzare. Uno dei “motti” che più ci piace, e sul quale siamo restati tante volte, viene ripetuto dai giovani: “Cristo è vivo e ti vuole vivo!”.
Una comunità cristiana che fa sentire la sua presenza.
Non c’è dubbio che, anche se su scala piccolissima, i cristiani fanno miracoli. Donne poverissime sono capaci di organizzare un gruppo caritativo molto attivo e creativo; semplici bambini trovano i mezzi per pagare la scuola ad un loro compagno di cui non si occupa nessuno; famiglie, catechisti, animatori, comitati di giustizia e pace realizzano comunità che sono davvero anticipi di paradiso. Certamente questa Chiesa giovanissima è anche profetica; è seme perché minoranza, però è vivace. C’è un laicato che si dà un gran da fare per la preghiera, i sacramenti, la Parola di Dio, la carità e la festa. C’è un clero e una presenza di religiosi da tutti i continenti. Una delle cose che amo tantissimo è che c’è il tempo, ce n’è tanto. Al mattino della festa, la prima cosa che ci si dice non è: “ci sono le sedie da andare a prendere”, ma innanzitutto ci si siede, ci si saluta, si chiede della vita dell’altro e si capisce quanto siamo preziosi per quello che siamo e così si sente lo sguardo dell’Amore di Dio sulla pelle.
Come vengono viste le terribili guerre in atto dalla popolazione?
Il Ciad comincia solo ora e per pochissimi a poter guardare fuori dalle proprie finestre: quasi nessuno ha una televisione. La radio non prende ovunque, e quasi nessuno ha uno smartphone, poi non ci sono giornali. Qualche volta organizziamo con i giovani una conferenza su un tema d’attualità e abbiamo sempre parecchie decine di persone; se il papa invita a pregare per una situazione lo diciamo alla fine della Messa come impegno per i cristiani. Sappiamo che alcuni aumenti dei prezzi sono dovuti alla guerra tra Russia e Ucraina. Dov’è la Russia e dov’è l’Ucraina in tanti non lo sanno e non si sa bene cosa succede e perché. In città si parla un po’ più di Russia, spesso con simpatia. Putin e la Russia, nel parlare di strada, sono preferiti certamente ai francesi e agli americani. Anche i cinesi sono ritenuti più amichevoli e simpatici. C’è una grande ammirazione per il Mali, il Niger e il Burkina Faso, come esempio di liberazione dal giogo francese. C’è preoccupazione per il terrorismo che dalla Nigeria sconfina talvolta nella zona del lago Ciad; abbiamo in Ciad centinaia di migliaia di profughi: all’Est quelli fuggiti dal Sudan, all’Ovest quelli fuggiti da Nigeria, dall’ estremo nord del Camerun, dove ancora c’è tanta insicurezza, a causa di Boko Haram e altri gruppi. Della guerra in Israele non si sa quasi nulla. Tuttavia spesso, nelle intenzioni di preghiera, la gente domanda anche il dono della pace.
Che cosa possiamo imparare noi europei dai cristiani del Ciad?
Non c’è cosa più grande che il Battesimo, non c’è dignità più alta. Con questa coscienza tutti hanno il potere di regnare servendo. Nessuno può marciare da solo o dare alla chiesa la propria impronta. Qui per un prete è molto più facile obbedire, fidarsi e affidarsi, questo è molto liberante. Che poi vivendo si facciano errori e ci siano cadute, certo che capita, ma non pregiudica la sinodalità e la responsabilità. I laici si formano in continuazione e sanno prendere in mano la preghiera, la Parola di Dio, gestire la presenza della Chiesa nei momenti importanti della vita come la preparazione al matrimonio o l’accompagnamento dei defunti e di chi è nel lutto, la presentazione dei nuovi nati. Un’altra cosa che amo molto è l’accoglienza di un no o di una correzione.
La correzione fraterna è un valore concreto?
Non è automatico che un catecumeno avanzi nel suo percorso. Infatti, se durante l’anno non è stato fedele alla preghiera e alla liturgia gli viene fatto notare e ripeterà l’anno: nella maggior parte di casi non ci saranno proteste. Questa grazia è data anche dal fatto che sia la comunità a pronunciarsi e non il prete a fare la parte del “buono o del cattivo”. Altro esempio, se un battezzato ha commesso un peccato grave, la comunità ne parla apertamente e decide che per un periodo non faccia la comunione, ma durante quel periodo la persona viene anche incoraggiata e gli si propone un incontro con il prete o con un gruppo scelto di cristiani e alla fine del percorso una bella confessione per riprendere il cammino. Diciamo che la comunità è una famiglia molto trasparente. Il buon funzionamento è dato anche dal fatto che ci si organizzi in comunità piccole in modo che i responsabili conoscano tutti e possano seguire tutti e accorgersi di chi magari sta un po’ mollando; sono comunità che vanno dalle 30 alle 300-400 persone.
Che cosa significa la nascita di Gesù per te e la tua comunità?
Significa innanzitutto riconciliarsi, ricompattarsi. Si visitano tutte le comunità, dedicando almeno mezza giornata alla preghiera, con canti, ascolto della Parola di Dio e sacramento della confessione. Ogni gruppo poi fa il suo ritiro: i bambini, i giovani, le donne. I bambini e le donne visitano i vecchi e i malati nei quartieri dei loro villaggi, portano legna e si fermano per un saluto e una preghiera. Intanto corali e lettori si preparano per la liturgia, bambine e donne cominciano a studiare come trovare i mezzi per mangiare e dei bei tessuti per cucirsi vestiti per la festa. Niente luminarie di alcun tipo o altri segni, sono le persone a dover brillare. Qui nella lingua locale l’Avvento lo chiamiamo “far legna”. Infatti, le donne sapendo che dopo aver partorito per un po’ non riusciranno a raccogliere e trasportare legna, fanno una bella scorta prima: si preparano come le vergini sagge alla venuta dello Sposo! Gli ultimi giorni, con mezzi di fortuna, i bambini e i giovani cercano di decorare il luogo per la preghiera. Mettono una capanna di paglia con qualche statuina e lasciano spazio vuoto come simbolo dell’attesa.
E il giorno di Natale cosa succede?
La notte di Natale i cristiani si distinguono, pregando intensamente anche se attorno c’è un clima caotico, anche con tanti ubriachi rumorosi (i cristiani organizzano anche un servizio d’ordine per custodire lo spazio sacro). La celebrazione è intensa e gioiosa, sicuramente il Gloria sarà una grande esplosione. Poi mentre gli adulti mangiano insieme, giovani e bambini danzano fino a tardi. Al mattino là dove c’è il prete viene celebrata la Santa Messa e negli altri villaggi la preghiera. La festa privata nella propria casa è sconosciuta in Ciad. I cristiani, infatti, mangiano tutti assieme; verso le quattro del pomeriggio i giovani fanno un piccolo presepe vivente e al momento della nascita, ecco che gli adulti intonano canti e animano un piccolo momento di preghiera, per poi lasciare ancora spazio alla corale dei giovani che riaccendono le danze con un bel concerto. Mi sembra davvero di non avere altro che ciò che è stato a Betlemme: Gesù e attorno, adoranti e cantanti, angeli e paesani.
(Vincenzo Rizzo)
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