Sono venti gli operatori pastorali uccisi nel 2023. Il bilancio è superiore di due unità rispetto a quello del 2022 e testimonia come nel mondo sacerdoti, consacrati, suore e laici versino il loro sangue portando avanti la propria azione pastorale o di testimonianza di fede. A scattare la fotografia è l’Agenzia Fides. Nell’elenco figurano un vescovo, otto sacerdoti, due religiosi non sacerdoti, un seminarista, un novizio e sette tra laici e laiche. Ma emerge anche come ancora una volta l’Africa detenga il triste primato di maggior numero di vittime: sono state 9 lo scorso anno. Ed è la quinta volta negli ultimi 12 anni che detiene questo drammatico primato. A 6 vittime, due in meno del 2022, l’America, mentre con 4 vittime l’Asia si trova al terzo posto, contro una sola vittima registrata l’anno prima.
Fa capolino l’Europa con un solo caso, quello di un sacrestano della parrocchia di Nostra Signora de La Palma, ad Algesiras, nella provincia di Cadice, in Spagna, ucciso da un giovane marocchino armato di machete. In quell’occasione vi furono anche alcuni feriti prima che l’aggressore venisse bloccato dalla polizia. Il rapporto dell’Agenzia Fides mostra uno dei tratti distintivi che accomunano la maggior parte degli operatori pastorali uccisi nel 2023, cioè «la loro normalità di vita: non hanno compiuto cioè azioni eclatanti o imprese fuori del comune. Si sono trovati a essere, senza colpa, vittime di sequestri, di atti di terrorismo, coinvolti in sparatorie o violenze di diverso tipo». Non stavano facendo nulla di eccezionale: stavano testimoniando il Vangelo nella loro vita quotidiana.
RAPPORTO AGENZIA FIDES: MESSICO E NIGERIA IN TESTA
Sono otto i sacerdoti uccisi nel 2023 (5 in Africa, 3 in America), due invece i religiosi (in Africa). A loro si aggiungono un seminarista e un novizio, entrambi uccisi in Africa. Il maggior numero di vittime tra laici e laiche lo registra l’Asia con quattro casi, due nelle Filippine e due in Palestina. Le prime due sono morte in un attentato nella palestra dell’Università statale di Mindanao mentre si occupavano dell’animazione liturgica, le altre sono una cuoca impegnata in una casa delle suore di Madre Teresa a Gaza, uccisa da un cecchino con la madre che voleva soccorrerla. Laico era anche il sacrestano ucciso in Europa, mentre le due vittime laiche uccise in un agguato in Messico erano entrambe catechiste.
In Messico si piangono anche due sacerdoti, entrambi assassinati in agguati. Il rapporto dell’Agenzia Fides mette il Messico e la Nigeria in testa alla classifica delle nazioni per numero di morti: quattro per entrambe. Dal 2001 sono in totale 564 gli operatori pastorali ucciso, ma il Rapporto Fides ha avviato il suo conteggio dal 1980. Nel primo decennio le vittime furono 115, in quello successivo 640, di cui 248 solo in Ruanda per il genocidio del 1994. Pertanto, il numero complessivo di missionari uccisi nel mondo dal 1980 ad oggi è di 1.283.
PERCHÉ NON VENGONO CHIAMATI MARTIRI
Il Rapporto Fides non riguarda solo i missionari ad gentes in senso stretto, ma tiene conto di tutti i battezzati impegnati nella vita della Chiesa che sono morti in modo violento, anche quando ciò avviene non espressamente “in odio alla fede”. «Per questo si preferisce non utilizzare il termine martiri, se non nel suo significato etimologico di testimoni, per non entrare in merito al giudizio che la Chiesa potrà eventualmente dare su alcuni di loro proponendoli, dopo un attento esame, per la beatificazione o la canonizzazione», si legge nel report. Dunque, il termine “missionario” viene usato in riferimento ad ogni battezzato perché, come scritto da Papa Francesco nella Esortazione apostolica Evangelii gaudium, «ciascun battezzato è un soggetto attivo di evangelizzazione».