Una nave da guerra iraniana nel Mar Rosso. Una presenza quasi simbolica, che non cambia di fatto lo scenario dal punto di vista militare navale, ma che conferma quanto sia alta la tensione in Medio Oriente dopo gli attacchi degli Houthi, le formazioni yemenite sciite sostenute da Teheran, alle navi commerciali che transitano nel Mar Rosso. Gli Usa hanno aumentato la loro pressione, neutralizzando quattro barchini Houthi con a bordo una decina di miliziani, ma la minaccia di nuove azioni contro i bastimenti di passaggio nell’area resta reale, tanto da rendere plausibile la possibilità di un’escalation.
Da lì, d’altra parte, passa il 12% del commercio mondiale, il 10% del petrolio e l’8% di gas liquido. La situazione, tutto sommato, spiega Giuseppe Morabito, generale con al suo attivo diverse missioni all’estero, fondatore dell’Igsda e membro del Collegio dei Direttori della Nato Defense College Foundation, è ancora sufficientemente sotto controllo, ma se i ribelli yemeniti dovessero intensificare la loro attività inviando droni e missili contro le navi potrebbero sollecitare un’importante reazione degli Usa che sono determinati a proteggere il libero transito in una delle regioni più importanti a livello mondiale per le merci dirette verso l’Occidente. Finora la parte dei “gendarmi” l’hanno fatta solo gli americani, sostenuti dagli inglesi. I loro alleati, Italia compresa, starebbero “smarcandosi” da una iniziativa a comando americano.
Generale, la presenza del cacciatorpediniere iraniano Alborz nel Mar Rosso cambia la situazione dal punto di vista militare navale? Aumenta il rischio di un allargamento del conflitto legato alla crisi israelo-palestinese?
Serve solo a segnalare la presenza dell’Iran: una singola nave da guerra non può certo impedire in qualche modo le operazioni degli Usa. Può intralciarle, rallentarle oppure passare informazioni ai ribelli Houthi. È comunque un importante indicatore di presenza. La marina iraniana ha delle navi che schiera nel Golfo Persico, nell’Oceano a sud di Hormutz, ma non una capacità strategica tale da impensierire gli americani. L’Iran è comunque interessato a quello che sta avvenendo e vuole dimostrare di essere un attore importante nel confronto in atto per avere un controllo dell’area.
I rappresentanti degli Houthi hanno appena incontrato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian, quanto è forte il loro legame con Teheran? Le loro azioni contro le navi sono decise in Iran?
L’Iran è lo sponsor degli Houthi, li rifornisce di armi e supporto logistico così come di droni e missili che vengono poi lanciati dalla parte di territorio yemenita che controllano. Le azioni Houthi non sono del tutto dirette dall’Iran, ma nel raggio delle iniziative di Teheran contro Israele vanno considerate collaterali, complementari a quelle dei terroristi di Hamas o degli Hezbollah in Libano. Sono incursioni che danneggiano non solo l’Occidente, ma anche l’Egitto, che vedrebbe a breve ridursi gli introiti che riceve per il transito delle navi dal canale di Suez. La dichiarata intenzione di continuare la loro azione terroristica contro le navi in transito fino a quando Israele opererà a Gaza è una scusa per accreditarsi come nemico di Tel Aviv.
Ma qual è il reale obiettivo degli Houthi?
Come appena detto, gli Houthi con le loro azioni terroristiche cercano di avere maggiore legittimità e prestigio nel modo musulmano, ma danneggiano anche qualche importante Paese sunnita dell’area. Altro obiettivo è di creare problemi al mondo occidentale, non schieratosi contro Israele e, conseguentemente, divenuto loro controparte. Le difficoltà di passaggio delle navi possono avere come effetto l’aumento del costo del gas e del petrolio che vengono trasportati verso l’Europa. Se il Mar Rosso diventasse “inagibile”, ad esempio, le navi gasiere che partono dal Qatar dovrebbero navigare intorno all’Africa per arrivare al Mediterraneo, un cambio di rotta che comporterebbe una notevole crescita dei costi per gli armatori e dei prezzi per i consumatori finali. Un discorso che vale anche per il petrolio e altre merci.
Ma si potrebbe davvero arrivare al blocco delle navi?
È possibile che si palesi questo e una grave crisi commerciale. Finché ci sono azioni con i barchini, gli americani sono in grado di intercettarli e neutralizzarli abbastanza facilmente. Tutto cambierebbe se si verificassero attacchi massicci degli Houthi con droni e missili, utilizzando la tecnica della saturazione, la stessa usata da Hamas nel suo attacco terroristico per evitare l’Iron Dome, il sistema missilistico difensivo israeliano: lanciare in attacco contemporaneamente un numero così elevato di droni che le navi a protezione dei mercantili non abbiano capacità sufficiente per intercettarli tutti. Fino a questo momento, invece, le navi colpite non sono state danneggiate in modo irreversibile. Vedremo cosa succederà in futuro. C’è chi ritiene che più tempo passa e più l’Occidente potrebbe iniziare a dare segni di non completo sostegno a Israele: gli Houthi e l’Iran lo sperano e potrebbero approfittarne.
Il problema, d’altra parte, non è solo per chi deve ricevere le merci, quindi l’Occidente, ma anche per chi le spedisce. Ci sono altri Paesi che potrebbero opporsi ai blitz degli Houthi?
In questi giorni il segretario di Stato Usa Blinken è nei Paesi arabi per parlare anche di questo. Un Paese ad esempio è l’Arabia Saudita, che nello Yemen sostiene le forze che si oppongono agli Houthi.
Ma agli Houthi non interessa maggiormente porre fine definitivamente al conflitto yemenita piuttosto che sostenere la causa palestinese?
Anche questo è possibile. L’Arabia Saudita non è certo dalla parte di Israele, ma bisognerà coordinare le azioni per neutralizzare le azioni degli Houthi: non sarà facile.
Gli inglesi parlano di possibili interventi aerei a supporto degli americani, gli altri Paesi occidentali, compresa l’Italia, da questo punto di vista rimangono ancora abbastanza defilati. Perché l’Occidente sembra procedere in ordine sparso?
Gli inglesi hanno schierato una loro nave. L’Italia ha deciso di inviare nell’area la moderna fregata Fasan. La Francia ha annunciato che avrebbe mandato unità per garantire i propri interessi nell’area ma non sotto comando americano. Schierarsi apertamente con gli americani potrebbe essere interpretato come un coinvolgimento diretto. Tanto è vero che recentemente il numero due di Hezbollah ha dichiarato che anche l’Italia fa parte delle “forze del male” alleate con Usa e Israele.
Gli Stati Uniti continuano a dire che non vogliono un’escalation del conflitto, sono davvero intenzionati a non alimentarlo?
Se gli Houthi dovessero mettere in atto azioni importanti come usare la tecnica della saturazione lanciando droni e missili, gli Usa potrebbero intervenire in territorio yemenita per distruggere i depositi di droni, le zone di montaggio, i radar e le postazioni di lancio: uno “strike” che potrebbe favorire l’Arabia Saudita e la sua alleanza anti-Houthi. Certamente saremmo di fronte alla citata escalation. Gli americani, però devono stare attenti a non aprire un altro fronte.
L’Iran potrebbe schierarsi direttamente nel caso di un allargamento dello scontro?
Teheran potrebbe continuare a fornire più droni o missili agli Houthi, ma non arriverà mai allo scontro con gli americani. Bisogna vedere quali saranno le linee rosse oltre le quali scatta una reazione: per l’Iran succederebbe se fosse colpito il suo territorio. Certo la nave nel Mar Rosso, sotto questo aspetto, è un problema.
Qual è allora l’evoluzione più probabile della situazione?
Non vedo una spiralizzazione per il momento. Se la situazione dovesse persistere, alcune delle principali compagnie di navigazione potrebbero decidere di continuare a trasportare le merci facendo il periplo dell’Africa, aumentando i costi per i destinatari e danneggiando l’Egitto, che, come detto, vedrebbe diminuire gli importanti introiti ricevuti per passaggio dal canale di Suez.
Ma perché, se i danni sono per tutto l’Occidente, finora la situazione l’hanno presa in carico solo gli Usa?
Gli americani sono interventi perché inizialmente dallo Yemen erano arrivati degli attacchi a Israele, ma il motivo principale della loro presenza è che sono una potenza commerciale a livello mondiale e le intollerabili difficoltà di trasporto nel Mar Rosso danneggiano anche loro. Gli Usa sostengono il diritto internazionale e il libero flusso del commercio. Tale principio richiederebbe un’azione collettiva. Vedremo!
(Paolo Rossetti)
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