Verso la fine, rischiando di sfuggire ai più, in poche righe. Questa la posizione che Papa Francesco ha riservato al duro intervento circa la maternità surrogata e la teoria gender, nel discorso tenuto al Corpo diplomatico lo scorso 8 gennaio.
“La via della pace – ha detto il Papa – esige il rispetto della vita, di ogni vita umana, a partire da quella del nascituro nel grembo della madre, che non può essere soppressa, né diventare oggetto di mercimonio. Al riguardo, ritengo deprecabile la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che lede gravemente la dignità della donna e del figlio. Essa è fondata sullo sfruttamento di una situazione di necessità materiale della madre. Un bambino è sempre un dono e mai l’oggetto di un contratto. Auspico, pertanto, un impegno della Comunità internazionale per proibire a livello universale tale pratica. In ogni momento della sua esistenza, la vita umana dev’essere preservata e tutelata, mentre constato con rammarico, specialmente in Occidente, il persistente diffondersi di una cultura della morte, che, in nome di una finta pietà, scarta bambini, anziani e malati. La via della pace esige il rispetto dei diritti umani, secondo quella semplice ma chiara formulazione contenuta nella Dichiarazione universale dei diritti umani, di cui abbiamo da poco celebrato il 75° anniversario. Si tratta di principi razionalmente evidenti e comunemente accettati. Purtroppo, i tentativi compiuti negli ultimi decenni di introdurre nuovi diritti, non pienamente consistenti rispetto a quelli originalmente definiti e non sempre accettabili, hanno dato adito a colonizzazioni ideologiche, tra le quali ha un ruolo centrale la teoria del gender, che è pericolosissima perché cancella le differenze nella pretesa di rendere tutti uguali. Tali colonizzazioni ideologiche provocano ferite e divisioni tra gli Stati, anziché favorire l’edificazione della pace”.
Secondo molti non sono questioni da ultime e poche righe, o forse sì. Tutta la parte iniziale del discorso, molto articolato e dettagliato, il Papa l’ha riservata al dono della pace e al dramma delle guerre. Sembra suggerirci un metodo: prima la vita. Non siamo ingenui e sappiamo bene che ci sono vari modi per combattere, anche il Papa l’ha detto più volte con parole nette, ma c’è un rischio sottile: mettere al primo posto le teorie. Le teorie hanno la caratteristica di volare sopra la vita, di far calare sulla realtà un velo quasi impercettibile in modo tale da farci accorgere solo di una parte di essa. Ma pur sempre teorie rimangono. Devono fare i conti con la realtà, con le esigenze più radicali del cuore umano, persino di quelli che farebbero di tutto per imporle. Papa Francesco ha definito la teoria gender “pericolosissima, perché cancella le differenze nella pretesa di rendere tutti uguali”.
Il cardinal Angelo Scola espresse in modo unico il punto infuocato della questione quando disse che “La forma più acuta dell’altro è la differenza. Non la diversità, perché la diversità si può ancora comporre, ma la differenza è invalicabile. Il punto è distinguere la diversità dalla differenza, e come rendere ciò che è tipico e proprio della differenza una potente ricchezza. Noi cristiani abbiamo una grande strada, si chiama Trinità. Il pensiero della differenza è entrato in Occidente per pensare la Trinità. Certo ci aveva pensato prima Aristotele, ma qui è arrivato così. E la Trinità, come dice San Tommaso, è il luogo della massima differenza possibile: tutte le differenze che esistono stanno dentro questa differenza originaria, che esalta l’unità e non la spacca” (A. Scola, dal discorso ai rappresentanti del mondo della comunicazione e della cultura in occasione dell’ingresso nella diocesi di Milano, 29 settembre 2011).
Abbiamo degli aiuti grandiosi per capire i termini della questione. Dobbiamo anche dire, però, che nel tempo in cui viviamo tutto questo patrimonio non è più compreso. Altre visioni del mondo si sono introdotte e ciò che era evidente a tutti non lo è più. Una cosa resta, però, incancellabile: la possibilità della verità di incontrare chiunque. Le teorie devono fare i conti con la vita. Le ideologie devono misurarsi con la realtà.
Per questo la Trinità, a un certo punto, ha preso l’iniziativa dell’Incarnazione. Qui si gioca la vera battaglia per noi: decidere in quale esercito arruolarci, se in quello della teoria contro un’altra teoria, o in quello di chi vive la vita e se la gode. Tutti quelli che incontriamo hanno bisogno di sorprendere uomini e donne seriamente impegnati con la propria umanità, in modo da verificare cosa sia più ragionevole seguire, a cosa dare il primo posto. E tutti devono passare da questa strettoia, non c’è teoria che tenga.
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