Enrico Costa, politico di Azione ed ex ministro per gli Affari Regionali, di giustizia se ne è occupato a lungo e sulle pagine de Il Tempo parla del caso Ferragni con il Pandoro-gate: il processo non è ancora iniziato ma sui media non si parla di altro: “Il tema dell’esposizione mediatica degli indagati, che godono quindi della presunzione di innocenza, è significativo. I processi vanno celebrati nelle aule di tribunale non sui social o sui giornali. Lo Stato deve garantire alla magistratura tutte le strutture e le risorse per lavorare ma deve fare in modo che chi viene giudicato deve poter uscirne come è entrato sia in termini di immagine sia come portafoglio, reputazione e credibilità. Tutti aspetti che oggi non ci sono perché se entri nel frullatore di un’indagine spesso ne esci con delle cicatrici indelebili”.
La notizia spesso, in questi casi, ha più risalto degli sviluppi processuali. Costa spiega: “Su questo sto pensando di esaminare 100 inchieste, misurando le parole, le colonne, le righe, i titoli delle inchieste e poi misurerò quanto è dedicato alla parte del processo e quanto alla sentenza di assoluzione. Ci vuole un Garante a cui ricorrere per ottenere che alla sentenza di assoluzione venga dato lo stesso spazio che è stato dato alla notizia dell’apertura dell’inchiesta”.
Enrico Costa: “Bisogna rimanere garantisti anche se nei partiti…”
Spesso, sui giornali, vengono pubblicati stralci di intercettazioni. Enrico Costa, politico di Azione, spiega a Il Tempo: “Una delle ragioni che porta a sbandierare notizie elementi di indagine è quella di rafforzare la propria indagine e creare un link con l’opinione pubblica. E quando accade il giudice deve essere veramente forte per ribaltare l’impianto accusatorio. Ho presentato un emendamento in cui propongo di cambiare la sede del processo se c’è troppa esposizione mediatica”. Secondo il politico “chi commette errori deve pagare. Invece noi abbiamo il 99,6% dei magistrati che sono con valutazioni favorevoli, un disciplinare inesistente, solo in 8 casi su 640 azioni promosse dal 2010 è stata rinvenuta la responsabilità civile”.
Eppure “poi accade, come nel caso della riforma Cartabia, che i magistrati degli Uffici del Ministero ci mettono le mani e la anestetizzano. L’unico modo per intervenire è costruire un emendamento da far votare col voto segreto in Aula. Finché c’è anche un solo innocente arrestato e poi assolto penso che lo Stato non possa dirsi garante di una civiltà giuridica”. Bisogna essere sempre garantisti anche “se ci sono molti colleghi in tutti i partiti che si dicono garantisti ma poi fanno fatica a rimanerlo quando un’inchiesta colpisce un avversario politico o qualcuno che sta loro antipatico”.