I dati del Ministero della Salute sull’applicazione della legge 40/2004, che regola la procreazione assistita, rivelano che il sistema in molti casi non funziona come dovrebbe. Le ultime statistiche a disposizione, pubblicate da La Verità, sono quelle relative al 2021. In totale le coppie trattate (con un’età media di 36,7 anni per la donna) sono state 64.473, ma di queste soltanto il 16,98% sono riuscite effettivamente a diventare genitori, con 10.947 parti e 11.722 bambini nati vivi. Gli altri embrioni sono stati sacrificati o crioconservati.
Guardando nel lungo periodo e non soltanto all’anno in questione emerge che a vent’anni dall’entrata in vigore della legge, sono quasi 900.000 le coppie trattate, con 156.508 bambini nati e quasi 2 milioni gli embrioni sacrificati. Nei freezer attualmente ce ne sono 170.000 conservati, che probabilmente avranno la stessa sorte. Il problema è da ricondurre probabilmente al fatto che negli ultimi tempi c’è una ricerca affannosa del prelievo di ovociti dalla donna. Una prassi che comporta diversi rischi, oltre che costi elevati.
Procreazione assistita, solo il 16,9% di chi ne fa ricorso diventa genitore: i dati
Il numero degli ovociti che vengono in media prelevati al momento della procedura di procreazione assistita è in crescita. Essi sono quasi 8 alla volta, ma circa il 25% viene scartato. Del 70% che viene inseminato, intorno al 30% non viene fecondato. Degli embrioni che si formano, il 50% è trasferibile. Alla fine, spiega Angelo Francesco Filardo dell’Associazione italiana ginecologi ostetrici cattolici, tuttavia “solo il 38,69%” viene effettivamente trasferito nell’utero delle madri, il resto, “più del 60%”, finisce nei freezer.
La maggioranza dei trasferimenti omologhi, però, avviene con un solo embrione (50,7%), con due nel 44,1% dei casi e con tre o più embrioni nel 5,2%. “Questo conferma la bontà del limite dei tre embrioni da produrre, presente nella formulazione originale della legge 40/2004”, sottolinea. È necessario domandarsi dunque perché se ne producano di più. In molti casi ciò avviene per il timore che la procedura non vada a buon fine, soprattutto in pazienti over 40. “Ci sembra che ai nostri giorni tale causa sia facilmente diagnosticabile con una buona anamnesi prima di iniziare un trattamento inutile, costoso e potenzialmente dannoso”.