Il “pandoro-gate” legato al dolce griffato da Chiara Ferragni è un caso che non accenna a spegnersi. Poche ore fa il Codacons, che avviato un’azione inibitoria nei confronti della Balocco per far ottenere a tutti gli acquirenti il risarcimento per “i danni subiti”, ha reso noto di aver ricevuto una risposta dall’azienda che, tramite i suoi legali, avrebbe spiegato il motivo del costo diverso rispetto a quello delle confezioni classiche.
“Balocco – si legge nella nota dell’associazione dei consumatori – fa sapere che la differenza di prezzo pari a 5,69 euro esistente tra il pandoro ‘normale’ (3,68 euro) e quello ‘Pink Christmas’ (9,37 euro) sarebbe giustificata dall’impiego di ‘elementi peculiari’ quali il ‘nastro di chiusura’, il ‘sacchetto contenente il pandoro ed il cartone espositore personalizzati con la grafica su licenza’, nonché una ‘bustina di polvere rosa ed uno stencil in cartoncino alimentare da utilizzare per la decorazione del pandoro‘”. La replica, ha aggiunto l’associazione, “non convince affatto il Codacons” che chiede all’azienda di “fornire tutti i dettagli circa i maggiori costi sostenuti per lo zucchero a velo rosa, per la grafica diversificata, per il nastro di chiusura, così da capire se tali elementi possano giustificare un rincaro di prezzo al pubblico del +154%“.
Balocco scrive a Codacons su pandoro-gate Chiara Ferragni, associazione consumatori: “Risarcire gli utenti”
“Agiremo formalmente verso l’azienda nelle opportune sedi civili e penali per far risarcire tutti gli utenti lesi dagli illeciti emersi“. Lo scrive il Codacons a conclusione della nota in cui ha diffuso il contenuto della lettera che Balocco, tramite i suoi avvocati, avrebbe inviato poche ore fa per spiegare cosa giustificherebbe il prezzo più alto del pandoro Pink Christmas griffato Chiara Ferragni rispetto all’edizione base.
Attraverso i legali, Balocco ha precisato “che il più elevato prezzo di vendita del pandoro in edizione limitata, rispetto a quello della versione base con astuccio rosso (a marchio Balocco) è assolutamente giustificato dalla differenza tra i due prodotti. Per il pandoro limited edition era stato infatti sviluppato un progetto ad hoc di grande complessità, che ha determinato il predetto incremento legato all’impiego di elementi peculiari. In particolare, l’astuccio ideato in esclusiva per questo prodotto era composto da due elementi, oltre al nastro di chiusura, ed era particolarmente costoso per la cura dei dettagli cartotecnici e per la tipologia e personalizzazione del nastro di chiusura. Il sacchetto contenente il pandoro ed il cartone espositore erano personalizzati con la grafica su licenza, mentre l’astuccio conteneva altresì una bustina di spolvero rosa – anch’essa brandizzata – ed uno stencil in cartoncino alimentare da utilizzare per la decorazione del pandoro“. Dietro, secondo l’azienda, ci sarebbero inoltre “maggiori costi di manodopera sostenuti per il peculiare confezionamento, interamente manuale, e, naturalmente, il costo della licenza del
marchio ‘C. Ferragni’“. La difesa dell’azienda avrebbe anche contestato la tesi secondo cui i consumatori sarebbero stati “condizionati all’acquisto” dall’operazione di beneficenza associata alla versione griffata del pandoro: “Né sulla confezione, né sul cartiglio, né tantomeno sul materiale espositivo erano presenti indicazioni relative alla destinazione di una percentuale del ricavato (o di un importo fisso) a favore della ricerca terapeutica”.