La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha denunciato gli attacchi angloamericani contro le basi Houthi nello Yemen. “Gli attacchi statunitensi in Yemen – ha dichiarato – sono l’ennesimo esempio della distorsione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’Onu da parte degli anglosassoni e del totale disprezzo per il diritto internazionale in nome dell’escalation della situazione nella regione per raggiungere i loro obiettivi distruttivi”.
Fantastico: è una sparata che sembra confermare quel “mondo alla rovescia”, citato da Netanyahu, che si riferiva allo stravagante deferimento di Israele all’Aja “per genocidio”, sponsorizzato dal Sudafrica. La Russia, con il suo zar sotto mandato d’arresto internazionale per crimini di guerra, si perita dunque di accusare di disprezzo per il diritto internazionale chi tenta di salvare le linee di commercio mondiale dagli inopinati e reiterati attacchi dei terroristi. Quella Russia che nel 2022 ha invaso l’Ucraina con la sua “operazione speciale”, vergognoso eufemismo per mascherare un atto di guerra unilaterale, la Russia che spedisce il dissidente Alexey Navalny in un gulag sperduto oltre il circolo polare, la Russia che avvelena a Londra con un tè al polonio il suo ex agente Alexander Litvinenko, la Russia che alleva i più potenti collettivi di hacker (i più famosi sono quelli della cyber-gang Lockbit, ma ce ne sono tanti altri, come i Conti ransomware) che ciclicamente attaccano e rapinano i dati di amministrazioni pubbliche e imprese private di mezzo mondo.
La disinformazione in Russia ha un’importanza fondamentale: ai tempi del KGB fu gestita dal Dipartimento A del Primo direttorato centrale, al comando di un generale. Celebre la sua operazione “Infektion”, negli anni Novanta, una campagna di disinformazione che voleva gli Stati Uniti artefici del virus dell’Aids quale arma biologica. Una disinformazione che rientra nel più ampio spettro della “aktivnye meropriyatiya”, in pratica le “misure proattive”, cioè operazioni segrete e negabili di influenza politica e sovversione. Oggi il KGB è suddiviso in FSB (sicurezza interna e controspionaggio) e SVR (informazioni estero), servizi attivissimi e con gli stessi enormi finanziamenti di un tempo. Le misure attive sono compito del GRU (il servizio segreto militare) e dell’SVR, ma anche di gruppi di copertura, come la Internet Research Agency (una “troll farm”) e alcuni gruppi hacker (come Fancy Bear e Cozy Bear). NewsGuard (il gruppo di giornalismo indipendente d’inchiesta) ha stabilito che “false narrazioni sull’Ucraina, molte delle quali promosse dagli apparati di propaganda del Cremlino, circolavano online già mesi prima che le forze russe invadessero il Paese il 24 febbraio 2022 (fake news veicolate anche da 44 siti italiani). Dalle affermazioni false riguardanti un presunto genocidio perpetrato dall’Ucraina nei confronti dei suoi abitanti di lingua russa, fino all’idea che l’ideologia nazista sia radicata nella leadership politica del Paese: queste sono solo alcune delle decine di narrative utilizzate per giustificare l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia”.
NewsGuard ha sfatato più di 160 narrazioni false relative alla guerra tra Russia e Ucraina e ha identificato 461 siti che hanno contribuito a diffonderle. “La maggior parte delle notizie false nega le atrocità perpetrate dalla Russia in Ucraina o demonizza gli ucraini. Altre notizie false riguardano invece contenuti filo-ucraini e anti-russi, che vanno dalle immagini manipolate del ‘Ghost of Kiev’ a filmati fuorvianti di presunti attacchi russi. Alcuni dei siti più influenti noti per condividere propaganda filo-russa e disinformazione sono finanziati dal governo russo. La Russia utilizza diverse strategie per introdurre, amplificare e diffondere narrazioni false e distorte in tutto il mondo, servendosi di un insieme di media statali ufficiali, siti web, account anonimi e altri metodi per diffondere propaganda che promuove gli interessi del Cremlino e mina i suoi avversari. I siti finanziati e gestiti dal governo utilizzano piattaforme digitali come YouTube, Facebook, Twitter e TikTok per lanciare e promuovere false narrazioni”.
Tutto l’Occidente viene investito dalle fake russe, ma più ancora i Paesi ai suoi confini: “In seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia – sostiene Euronews – la propaganda e la disinformazione del Cremlino hanno iniziato a essere percepite come una minaccia importante in diversi Paesi confinanti, fino a diventare centrali anche nelle questioni di politica interna”.
Una Russia mala-influencer, insomma, una cattiva maestra che gioca su più fronti, in un equilibrismo che diventa macroscopico nelle posizioni assunte (o non) nel quadrante mediorientale. Si vedano i rapporti con la Repubblica Islamica dell’Iran, basati sulla comune lotta all’Isis e più in generale al radicalismo di matrice sunnita, come quello che si opponeva al leader siriano Assad. Ma contemporaneamente Mosca rifiuta anche l’islamismo sciita, visto che non intende perdere la sua influenza nel blocco arabo-sunnita, come l’Egitto o la Giordania, entrambi Paesi che comunque sono considerati abbastanza “amici” anche dall’Occidente, nella grande emulsione mediorientale dove non possono esistere bianchi e neri definiti. Per la Russia multietnica non si tratta di motivazioni religiose, quanto di opportunità geopolitiche, che badano anche alla componente musulmana in patria, circa il 20% della popolazione, in prevalenza sunniti.
Filosunniti in casa, dunque, ma filosciiti altrove, come nei rapporti con Teheran o con quelli, stretti, con il dittatore siriano, un alawita sciita convinto. Inutile chiedersi, insomma, l’esatto profilo che la Russia intende tenere e terrà nelle recenti tensioni mediorientali: la sua è una geometria variabile che muta e si modifica secondo opportunità strategiche ma anche occasionali, come si verifica con l’Iran, divenuto fornitore di armamenti per una Russia dagli arsenali sguarniti, dopo l’oramai lunga guerra in Ucraina.
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