Fuggite. Senza rimorso. Lasciate perdere gli account, i video virali, le faccine, le musichette e i video dei gattini simpatici. La fuga salvifica da un luogo virtuale e senza regole è l’unica strada per recuperare un po’ di lucidità. Il mondo della scorciatoia dei social che promette di far crescere guadagni ed ego grazie a una presenza sulle piattaforme è governato da leggi brutali. C’è chi si illude di poterlo gestire e conoscere e che poi invece affonda e ne è compresso fino all’annichilimento della vita. Quella fatta di carne e sentimenti, di vergogna e di pietà. Quel mondo in cui le emozioni esistono davvero, in cui esistiamo per ciò che siamo e non per ciò che vorremmo essere.
Ne fuggono influencer miliardari come la Ferragni, ne fugge Selvaggia Lucarelli “per un po’”, convinte dalla strategia di qualche guru che andar via virtualmente metta le cose a posto. Nel frattempo, mentre la vita nei social network la metti in pausa, godendoti ciò che ti hanno dato, corre la vera vita e la pausa serve a ricaricarsi e a tornare più forti di prima.
Chi può va via da quella valanga di insulti mascherati e odiatori palesi, studiando i flussi e le parole chiave in attesa di rientrare nell’agone. Professionisti che sanno che fa parte del gioco. Sanno che dopo la tempesta torna il sereno e che le loro vite da persone esposte comportano qualche piccolo disagio.
Se non siete così pronti, purtroppo, vi potrà capitare di credere che possiate anche voi cavalcare l’onda: tirare su gli affari, vendere qualcosa in più, rimediare un appruamento e un po’ di notorietà provando a giocare al loro gioco. Ma siete in errore. Se siete fatti di sangue e carne più che di pixel, se avete stretto più mani che ricevuto like, siete inevitabilmente analogici. E quel mondo che vi pare a portata di mano è in realtà un universo parallelo che confligge con le vostre vite fino ad annientarvi.
E non è incapacità o altro. Sono semplicemente due universi diversi. E quello virtuale sta fagocitando quello reale. È più vero perché appare più vicino, è più ricco perché pieno di cose lontane, è un mondo a parte per regole e leggi. Puoi dire ciò che vuoi, essere ciò che vuoi, avere la tua realtà che puoi imporre agli altri, la tua verità che vince solo se ne hai la potenza.
Anche Mattarella ne ha parlato nel messaggio di fine anno. Dicendo chiaramente che da lì viene una minaccia seria e potente alla democrazia, che può essere sopraffatta dalla costruzione di un mondo virtuale in cui migliaia di immagini costruite ad arte, di profili fake, di fatti dati per certi e mai accaduti possono far crescere l’idea che una cosa sia vera o viceversa nascondere ciò che è accaduto davvero. Fino a minare alla base il fondamento stesso della nostra società, che si fonda su di un patrimonio di conoscenze condivise, di esperienze con cui interpretiamo la realtà.
È però un ambiente subdolo e affascinante in cui perdersi e a cui tutti guardano per avere una “second life” che incida su quella vera. Salvo poi ritrovarsi schiacciati da quel macigno fatto di giudizi, vergogne, rossori e pudicizia che esporsi in maniera più o meno corretta comporta. E se puoi andartene per un po’, staccare la spina, silenziare i commenti e metterti a leggere quello che il tuo avatar ha generato nella rete, nel mentre vivi la vita piacevole che ti ha regalato, buon per te. Ma se hai preso la scorciatoia anche in buona fede, se ti sei esposto incolpevolmente o per leggerezza e non hai fino in fondo capito in che universo sei, rischi di andare via per sempre. Non dal mondo virtuale ma da quello reale, come Giovanna Pedretti. E il fatto che oggi appariamo più convinti di credere nelle regole dell’universo virtuale, in cui tutto appare concesso, per proteggere la nostra esistenza fatta di pixel liberi piuttosto che preoccuparci di come quel mondo affligga l’universo fatto di carne e ossa con le sue leggi e le sue regole, deve farci riflettere su quanto il processo sia ormai andato avanti.
Se il diritto a fare il debunker aggressivo, a dire il falso sotto mentite spoglie, a insultare sotto anonimato resta prioritario rispetto alle vite reali, per resistere la strada è solo una. Andar via, uscirne prima possibile e rimetterci a vivere nell’universo analogico, per far sì che non sia il mondo virtuale ad assorbire le nostre regole, e non diventare tutti avatar di noi stessi, personaggi e non persone. Perché un avatar può andar via per un po’. Una persona vera va via per sempre. Di chi possiamo fare a meno definisce per davvero che società oggi siamo.
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