C’è una svolta nel caso di Anica Panfile, la 30enne trovata senza vita nel maggio scorso nel fiume Piave a Spresiano, in provincia di Treviso. Secondo quanto riportato dall’Ansa, poche ore fa i carabinieri del capoluogo veneto avrebbero eseguito il fermo di indiziato di delitto a carico dell’ex datore di lavoro della vittima, Franco Battaggia, commerciante di pesce già noto alle forze dell’ordine e con un passato legame con la Mala del Brenta.
La misura sarebbe stata disposta dalla Procura e l’uomo risulterebbe accusato di omicidio e tentata soppressione di cadavere aggravata. Battaggia, ricostruisce l’agenzia di stampa, era stato iscritto nel registro degli indagati a giugno nell’ambito dell’inchiesta sulla morte della donna, madre di quattro figli di origine romena. Decisiva, stando a quanto riporta Il Corriere della Sera, si sarebbe rivelata una macchia di sangue. Il provvedimento a carico del 77enne sarebbe stato emesso d’urgenza perché, secondo il pm, l’indagato sarebbe stato in procinto di darsi alla fuga. Inizialmente ritenuto un suicidio, il decesso di Anica Panfile sarebbe invece dovuto a un’azione omicidiaria: la vittima sarebbe stata picchiata e soffocata. L’autopsia avrebbe inoltre evidenziato lesioni compatibili con un tentativo di difesa.
Chi è Franco Battaggia, arrestato nell’inchiesta per l’omicidio di Anica Panfile
Secondo quanto emerso in sede di indagine, Franco Battaggia sarebbe stato l’ultimo a vedere Anica Panfile viva prima della scomparsa. Avrebbe raccontato agli inquirenti di un incontro avuto con la 30enne, sua ex dipendente in pescheria, sostenendo che fosse legato alla consegna del Cud relativo all’anno precedente. L’uomo, secondo il ritratto descritto dal Corriere della Sera, sarebbe noto alle forze dell’ordine per una “carriera” importante nel mondo criminale iniziata negli anni ’70 quando, da ragazzino, sarebbe stato arrestato dalla polizia della stazione di Venezia mentre trasportava armi con il fratello. Si sarebbe poi affermato come principale commerciante di pesce a Treviso, accusato poi di bancarotta fraudolenta nel 1982.
Nel 1988 il caso che lo avrebbe visto poi darsi alla latitanza: la morte dell’abruzzese Vincenzo Ciarelli, 30 anni. Un caso di omicidio del quale, diversi anni dopo, Franco Battaggia avrebbe detto quanto segue in un’intervista: “Un commerciante di Brescia che capeggiava una banda di nomadi voleva che io pagassi il pizzo. Per convincermi a cedere, mandarono dei rom che all’esterno della pescheria a Treviso non esitarono a schiaffeggiare mia moglie. Tre giorni dopo lei morì per un ictus. No, non potevo perdonare: avevano spento la mia vita colpendo il mio affetto più caro. Anche per questo a distanza di anni non provo alcun pentimento“. Riuscito a fuggire dopo arresti e rocambolesche evasioni tra Francia, Ecuador e Svizzera, nel 1994 sarebbe stato trovato e sarebbe tornato in carcere per restarvi fino al 2011.