Si continua a suonare. Per scacciare la paura. O, più semplicemente, perché la musica distrae. E più è alta, più ottiene il risultato sperato.
Sul Titanic resisteva almeno una poetica della tragedia, la musica era soave. Qui occorre il frastuono dei caccia e dei missili. E quando il warfare scende in campo significa che la partita è arrivata ai minuti finali. E si spera in quello che nel football americano è definito Hail Mary Pass, il passaggio dell’Ave Maria. Disperato. Quasi impossibile. Ma portatore di un 1% di successo cui aggrapparsi.
In realtà, la correlazione fra disfunzionalità e insostenibilità del debito e moltiplicatore bellico è chiaramente in testa all’Amministrazione Biden come opzione. Il problema sta tutto attorno. Il problema sta in ciò che non si vede. In ciò che non fa notizia.
Nell’arco di pochi giorni, tra la fine di dicembre e l’inizio del nuovo anno, due issuer failures su commercial papers. Peccato che chi avesse emesso e non abbia però pagato a scadenza (i.e default) siano state British Petroleum ed ENGIE. Ovvero, due colossi dell’energia. Ovviamente, questione di giorni. Poi tutto è stato saldato. Entrambe hanno reso noto al loro agente pagatore, Citigroup, la decisione di non onorare il dovuto. E questa, a sua volta, ha comunicato alla DTCC.
Cosa può essere accaduto? Quasi certamente la volontà di tenere in cassa liquidità. Di per sé, già un segnale poco rassicurante. Ma le opzioni sono due. O chi detiene il conto presso Citigroup non ha disponibilità sullo stesso. Oppure ha disponibilità, ma Citigroup no. E in questo secondo caso, a livello sistemico il problema sarebbe decisamente più serio. Parliamo della stessa Citigroup che solo la scorsa settimana ha annunciato 20.000 tagli come risposta agli 1,8 miliardi di perdita nel quarto trimestre 2023.
Capite da soli che non va affatto tutto bene, là fuori. Che i meandri del mercato stanno letteralmente gridando. Ma si sa, quando l’orchestra suona, nessuno sente le urla. Un classico dei film gialli, l’assassino alza sempre il volume della tv o dello stereo.
Siamo alla vigilia del Titanic? No. Ma dopo l’ultima lettura del CPI statunitense, i futures segnalano sette tagli dei tassi da parte delle Fed. Da qui al 31 dicembre. Per farlo, Jerome Powell ha bisogno di un alibi grande almeno come il Covid. E quanto sta accadendo in queste ore ci dice che sarà il caos a fornirglielo. Ciò che qualcuno definiva l’unica igiene del mondo, di fatto diventerà il grande reset da ogni data-dependency. Perché certi equilibrismi cominciano a mostrare la corda. E soprattutto il tempo stringe. Il redde rationem di marzo ormai è alle porte. Sembra un intervallo ancora lungo, di fatto è un respiro. A rischio di tramutarsi in apnea, in caso qualcosa andasse storto.
Ma la volete vedere questa orchestra che suona sul Titanic? Eccola.
Mentre il fondo salva-banche Usa tocca i 148 miliardi settimanali, i regolatori assistono senza battere ciglio, né proferire verbo all’abuso di arbitraggio da parte di istituti che non necessitano affatto di sostegno. Semplicemente, prendono denaro in prestito dal Btfp e poi lo depositano come riserva alla Fed, detenendo un conto presso la Banca centrale. Free money, 53 punti base di gentile omaggio del contribuente. E il problema non sono le banche. Le quali non sono Onlus. Il problema sta in chi dovrebbe dirigere il traffico e, invece, si volta dall’altra parte. Cosa farà costui l’11 marzo? Fermerà il fondo salva-banche tramutato in bancomat delle Big4, ma, contestualmente, ancora esiziale per evitare un nuovo marzo 2023 ai piccoli istituti? Oppure da qui ad allora gli Houthi o chi per loro garantiranno l’alibi per proseguire?
Perché qui si sta giocando una partita che somiglia ogni giorno di più a un vaso comunicante. O, se preferite, alla classica perdita d’acqua che si cerca di tappare con la mano. Finché è una sola, in qualche modo ci si arrangia. Ma se il numero supera quello delle mani a disposizione, allora iniziano i guai. E questi altri due grafici mostrano come tutto sia basato su un equilibrio a dir poco precario. Apparentemente perfetto. Ma precario.
Il 2024 è infatti iniziato con un outflow di depositi bancari che nella sola prima settimana ha toccato quota 23,6 miliardi di dollari. Il tutto mentre il reverse repo continua a calare e ormai viaggia sotto quota 600 miliardi di controvalore. E proprio quel drenaggio implicito garantisce al Sistema di tappare la perdita, colmando il gap e garantendo alle riserve di non entrare in territorio di sofferenza. Perché, come mostra questo secondo grafico, quella voce appare strettamente correlata ai corsi dello Standard&Poor’s 500.
Ma il trend è chiaro e ormai simile al segreto di Pulcinella: proprio a marzo, quando tutto avverrà, il reverse repo sarà arrivato a zero. E allora il passaggio di abbondanza a scarsità di riserve rischia di essere fulmineo. Esattamente come accadde all’overnight repo nel settembre del 2019. Questo accade ogni singolo giorno ormai da due mesi nei meandri più nascosti del sistema bancario Usa. Nulla che faccia notizia. Nulla che finisca sui giornali o nei tg o sui siti. Materia per addetti ai lavori. E invece, chi cercò di mettere in guardia il mondo dai rischi imminenti nell’estate del 2008, lo fece proprio osservando i tremori nel mercato interbancario. Il crollo della fiducia, l’aumento del costo sul rischio di controparte. Roba da addetti ai lavori, appunto. Peccato che gli addetti ai lavori siano i medesimi regolatori che paiono non accorgersi dell’uso indebito che si sta facendo di quella che, formalmente, è una facility emergenziale di finanziamento. Tramutata in Lotto permanente da arbitraggio. Per questo sul Titanic si continua a suonare. Perché mentre la gente balla e canta, qualcuno cerca la via d’uscita. Speriamo con un piano. E non per tentativi.
Ma attenzione a quest’ultimo grafico: un’esplosione simile del costo dei noli per il trasporto marittimo è stata registrata solo in un’altra occasione nella storia. Ancora una volta, la pandemia di Covid.
E quello scoop del WSJ in base al quale Pechino sapeva e tracciava, ma sarebbe stata in silenzio con il mondo per 15 giorni prima di ammettere quanto stava accadendo, pare dirci che il vaglio delle alternative sia finito. E una qualche riedizione in sedicesimi della pandemia potrebbe essere necessaria. Vedi in tal senso, il pieno del Governo italiano. Ipotesi lockdown inclusa.
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