Il governo ha un piano per le privatizzazioni, ma il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti preferisce parlare ai microfoni del Corriere di «razionalizzazione del patrimonio delle partecipate». Dunque, l’idea è di fare ordine per una scelta strategica precisa. «Il pubblico decide di entrare di più in alcune realtà e cedere altre quote perché tutto sia più efficiente e razionale e al passo con i tempi. Non è semplicemente fare cassa, è fare ordine». Il titolare del Mef cita il caso di NetCo, la società della rete di Tim: «Stiamo rinazionalizzando e, a parte il fondo di private equity Kkr, c’è l’auspicio che entrino investitori pazienti». Per quanto riguarda le infrastrutture e le società critiche, al netto della golden power, bisogna «avere soggetti nazionali e internazionali fuori da ottiche meramente speculative». Peraltro, per convincere gli investitori è importante avere una strategia di crescita. Per Giorgetti è chiara, ma legata all’alea della geopolitica. «Siamo la seconda manifattura europea, vinciamo sul prodotto di qualità, il prodotto che piace, che tutti vogliono. Se il commercio mondiale andasse in crisi a causa delle guerre e delle tensioni geopolitiche, per noi sarebbe un disastro».
Per quanto riguarda Eni, il Corriere indica che il governo sta valutando di cedere fino al 4%, dopo che la compagnia petrolifera avrà completato il piano di riacquisto di azioni proprie. L’incasso stimato dalla vendita si aggira sui 2 miliardi. Ma sul tavolo del governo ci sarebbe anche Poste Italiane, al 64% dello Stato. Dimezzando la quota pubblica frutterebbe quasi 4 miliardi, conservandone il 51% recupererebbe 1,7 miliardi. L’ipotesi di unire Rfi e Anas, ora controllate da Fs, per poi vendere una quota ai privati potrebbe portare fino a 10 miliardi. Infine, Lufthansa è pronta ad acquisire una partecipazione del 41% di Ita Airways, operazione per la quale serve prima l’approvazione della Commissione Ue. L’operazione dovrebbe chiudersi non prima dell’estate.
GIORGETTI “SERVE FLESSIBILITÀ SUL PATTO DI STABILITÀ”
In Europa le stime sui contraccolpi sono «a caso» per Giorgetti, perché «con profili di incertezza in ogni dove, non so come si possa essere così sicuri». Per il ministro dell’Economia servono «mercati globali aperti», ma bisogna anche capire come vuole agire l’Europa sugli investimenti, a partire da quelli della transizione verde: «Forse sarebbe il caso di pensare a forme europee di prelievo alla frontiera, oltre alla Cbam (la tassa sulle emissioni in Paesi terzi), invece di andare in ordine sparso». Per Giorgetti è ormai «ovvio l’area euro che sta entrando in recessione».
Comunque, per ora l’inflazione è scesa «grazie ai costi dell’energia, ma se si pensa di arrivare al più presto al 2% alzando i tassi allora l’obiettivo è farlo attraverso una recessione. Sta accadendo. Sempre che funzioni, perché altrimenti saremo in stagflazione». Il calo della crescita, invece, rivela per il ministro Giorgetti le sfide delle nuove regole di bilancio: «Sul patto di stabilità servirà un approccio flessibile: se il tasso di crescita si abbassa, i requisiti sui saldi da mantenere rischiano di essere davvero molto stringenti».