Dalla Francia è arrivata una notizia quasi inaspettata, almeno secondo l’immaginario comune: il calo demografico che ha investito ormai da parecchi anni il Vecchio continente si è propagato anche nel Paese d’Oltralpe. In realtà è da qualche anno che i dati demografici registrano meno di 2 figli per donna (tasso di sostituzione perfetta): l’ultimo anno è stato il 2011, da allora l’indice di sostituzione è sempre stato inferiore a 2, ma, fino al 2021, superiore o uguale a 1,80 (dati Ocse). Nel 2023, secondo il report dell’istituto nazionale di statistica francese, c’è stato un calo di nuovi nati del 7% rispetto all’anno precedente, scendendo sotto la soglia di 700mila nuovi nati: i figli per donna scendono da 1,79 (2022) a 1,68 (2023) e l’età delle donne al primo figlio sale a 31 anni. Un dato che, se paragonato alla realtà italiana (dove i nuovi nati sono stati 393mila bambini nel 2022 con un indice di sostituzione pari a 1,22 figli per donna), sarebbe altamente positivo, viene visto come pericoloso nel Paese francese. Già questo potrebbe essere motivo di discussione: prima che i dati diventino ancora più disastrosi, come sono attualmente in Italia, la Francia già parla di crisi demografica e di come correre ai ripari.
La Francia, da sempre presa d’esempio per alcune misure come il quoziente familiare (e quindi per la soggettività fiscale del nucleo familiare) e altre politiche di sostengo alla famiglia, oggi fa i conti con tagli e riduzioni decisi nel 2014-2015 dalla presidenza Holland, che ha limitato gli assegni familiari, collegandoli al reddito e abbassandone l’importo massimo, oltre che limitare il beneficio massimo del quoziente familiare, stretto ulteriormente dal Presidente Macron. I risultati di queste riduzioni nei benefici economici si vedono a distanza di anni, e questo è un esempio di come le politiche familiari, siano esse “a favore” o “contro”, mostrino i propri effetti a distanza di tempo, sfuggendo a qualsiasi tipo di fabbisogno elettorale. Per questo quando si parla dell’argomento bisogna essere consapevoli che le misure introdotte daranno risultati nel tempo e non immediati. Queste scelte politiche degli ultimi due Presidenti francesi ha portato un calo della natalità di circa il 40% (cfr. N. Elmallakh), dimostrando che, se è vero che il funzionamento di nuove misure richiede tempo, limitare o togliere le misure in essere dà risultati (negativi) in modo più rapido.
Contro questo calo Macron ha subito risposto annunciando il potenziamento delle misure di sostegno alla famiglia, a iniziare dal congedo parentale, aumentato fino a sei mesi.
Come dimostra la Francia, la natalità è un tema da non sottovalutare e che, se non trattato adeguatamente e in tempo, rischia di esplodere, con conseguenze già analizzate: problemi del mercato del lavoro, aumento di spese pensionistiche, calo della produzione di ricchezza e dell’offerta sanitaria, per citarne solo alcune.
Cosa dice però il calo francese all’Italia, messa ben peggio e che ha dovuto aspettare dati più gravi prima di allarmarsi?
In primo luogo, che il tema della famiglia, a volte purtroppo divisivo, è una realtà trasversale a tutti i partiti politici. La famiglia è una ricchezza del Paese e ogni partito di governo e di opposizione ha la responsabilità di mettere in condizioni la famiglia di essere tale e di poter fare figli senza che questi siano causa di povertà (come invece accade in Italia: fare figli è la seconda causa di povertà assoluta nel Belpaese). In secondo luogo, che non solo le politiche familiari hanno i loro effetti nel lungo periodo, ma che lo hanno anche scelte cieche, sbagliate o addirittura le “non scelte” sul tema: se, come dice lo studio di Elmallakh, la scelta delle riduzioni dei benefici ha portato a una riduzione di circa il 40% della natalità, questo sta a significare che le politiche familiari sono un tema estremamente delicato e che basta un attimo per fermare il meccanismo. Ma quell’attimo porterà conseguenze negli anni successivi e richiederà tempo per porvi rimedio. La Francia avrà delle generazioni, in questi anni e nei prossimi, meno numerose di quelle passate, e servirà tempo (quanto dipende anche dai tempi di reazione della politica) per aumentare nuovamente le nascite.
Agli Stati Generali della natalità dell’anno scorso più volte è stato affermato che si sta raggiugnendo il punto di non ritorno per quanto riguarda la natalità italiana e che l’obiettivo è quello di tornare a 500mila nascite entro il 2032, un obiettivo fattibile se si inizia già ora a promuovere determinate politiche. È necessario avere consapevolezza, come detto nello stesso evento, che le politiche familiari sono come un transatlantico (cfr. Gigi De Palo), si agisce per cambiarne la rotta, ma, prima che questa cambi effettivamente, deve passare del tempo: la nuova rotta della nave è osservabile dopo un certo intervallo temporale.
La Francia sta già correndo ai ripari, in Italia invece, oltre ad alcune misure sicuramente apprezzabili, siamo ancora in attesa del quoziente familiare e di politiche strutturate.
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