C’è attesa per quanto emergerà dal Consiglio direttivo della Banca centrale europea in programma oggi. Intanto martedì l’Eurotower ha diffuso i risultati del Bank lending survey di gennaio, dal quale emerge che nell’ultimo trimestre del 2023 si è registrato un ulteriore inasprimento degli standard di credito per i prestiti alle imprese e dei criteri di concessione del credito alle famiglie. Inoltre, le banche dell’Eurozona che sono state sondate dalla Bce si aspettano un nuovo inasprimento nel primo trimestre del 2024. Secondo Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, «c’è la possibilità, che andrebbe scongiurata, che tutto questo alimenti un circolo vizioso».
Che tipo di circolo vizioso?
Visto il livello dei tassi, il sistema bancario alza i criteri per l’erogazione del credito. Questo frena l’attività di investimento programmata da parte di imprese e famiglie. Di conseguenza, gli indicatori economici, anziché andare in positivo cominciano a virare verso lo zero, se non addirittura in negativo. Di fatto, il sondaggio condotto dalla Bce descrive un rallentamento dell’attività economica generale. Ed è abbastanza credibile, anche per motivi di natura non strettamente economica.
Quali?
Il 2024 appare un anno molto incerto. Ci saranno le elezioni presidenziali americane, che avranno ripercussioni anche per l’Europa. Senza dimenticare il momento delicato, anche a livello politico, che sta attraversando la Germania, principale Paese dell’Ue.
Torniamo al sondaggio della Bce. Si parla di aspettative di inasprimento ulteriore degli standard di credito per il primo trimestre del 2024…
E questo non può che portare a un ulteriore indebolimento dell’economia.
Per questo c’è chi continua a chiedere che la Bce cominci a tagliare i tassi.
Sì, ma ad ascoltare nelle scorse settimane le dichiarazioni di alcuni membri del Consiglio direttivo c’era da restare parecchio confusi al riguardo. Addirittura si è arrivati a parlare di un taglio verso la fine dell’anno. Temo, quindi, che si arriverà tardi ad allentare la stretta.
Christine Lagarde a Davos ha detto che probabilmente il taglio dei tassi avverrà in estate. Sarebbe troppo tardi?
Certamente, perché prima che gli effetti di un taglio si diffondano in tutta la macchina produttiva europea possono passare alcuni mesi; i benefici potrebbero vedersi solo alla fine dell’anno. Occorre, quindi, non perdere tempo. Se la Bce non vuole tagliare subito i tassi, almeno annunci con chiarezza che li ridurrà a breve, in modo da dare certezze ai mercati e agli operatori economici. Le condizioni economiche sono tali per cui il pericolo di ripresa dell’inflazione si sta finalmente esaurendo, ma sta proseguendo il rallentamento dell’attività economica.
Il pericolo di ripresa dell’inflazione sta svanendo, ma c’è chi teme possa ripresentarsi come conseguenza delle tensioni nel Mar Rosso…
Questo rischio è piuttosto ridotto da una domanda aggregata che continua a indebolirsi. I prodotti importati, energia compresa, possono anche aumentare di prezzo, ma se non c’è qualcuno che li acquista restano invenduti.
Oltre al tema di quando tagliare i tassi, c’è anche una questione riguardante l’entità della loro riduzione e l’eventualità che questa venga spalmata su più interventi…
Sì, ma prima di tutto sarebbe bene che alla Bce si smettesse di fare gli azzeccagarbugli sull’inflazione, visto che guardando solo il dato tendenziale, sia esso riferito alla componente core o all’indice generale, di fatto si prendono decisioni sul futuro sulle base di dinamiche dei prezzi del passato. Perché non guardare anche la variazione congiunturale che mese dopo mese mostra continui andamenti negativi? Sembra un fatto tecnico, ma non lo è. Sarebbe opportuno che si ragionasse un poco, che si aprisse un dibattito per cercare di capire qual è l’indicatore corretto a cui guardare per prendere decisioni di politica monetaria.
Cosa si potrebbe fare se la Bce non tagliasse i tassi a breve o non annunciasse di volerlo fare per cercare di non far sprofondare l’economia?
Rispondo concentrandomi sull’Italia: sono arrivati parecchi miliardi da Bruxelles nell’ambito del Pnrr, ma finora ne sono stati spesi pochi. Da un lato, si tratta di un dato sconfortante, dall’altro, però, rappresenta anche uno spiraglio di speranza, perché se si superano i ritardi, si avviano effettivamente i cantieri e si portano avanti i progetti, si crea attività per le imprese e reddito per i lavoratori. Il che vuol dire uno spazio di crescita per l’economia.
(Lorenzo Torrisi)
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