“Giorgia Meloni è arrivata tardi su Stellantis, ma almeno c’è arrivata, Elly Schlein e Maurizio Landini invece temo non ce la faranno mai”. A dirlo, in una intervista a Il Foglio, è Carlo Calenda. Il riferimento è alla risposta della presidente del Consiglio all’interrogazione di Azione su l’ex Fiat, la quale ha sottolineato che le auto pubblicizzate come gioielli nazionali devono essere prodotte in Italia e non all’estero.
Dalle parole ai fatti, tuttavia, passa molto. Adesso deve sostanziare la pars costruens del suo intervento: bisogna chiarire qual è il piano di Stellantis per l’Italia, oggi non noto, e capire se è difforme dalle garanzie che gli Elkann avevano dato e, solo a quel punto, discutere di eventuali miglioramenti anche con quello che l’Italia deve fare per aiutare. Non può succedere però che questi facciano la vendita della fontana di Trevi due volte”, ha continuato Calenda. E spiega: “Bisogna evitare quanto accaduto finora dopo la sigla dell’accordo per la fusione con Psa. Quei giorni dicevano ‘salvaguarderemo tutti’, adesso tornano e dicono ‘salvaguarderemo tutti se ci date incentivi’, questo significa vendere la stessa cosa due volte”.
Calenda: “Meloni su Stellantis ha capito, anche se tardi”. La questione
Carlo Calenda, ad ogni modo, non sostiene Giorgia Meloni esclusivamente per la questione relativa a Stellantis. Con la presidente del Consiglio ci sono anche altri punti di incontro. Ad esempio, le privatizzazioni. “Certo che siamo favorevoli, non sono una svendita ma uno strumento per le casse dello stato, le abbiamo messe nei nostri programmi”.
E sull’Ucraina: “La Lega sta facendo con la guerra quello che fa con l’autonomia: campagna elettorale per cercare di arrivare al 10 per cento alle europee. È normale che il Pd proponga una conferenza di pace a Roma? E’ ridicolo, nessuno riesce a dire che il contenimento della Russia è un’esigenza dell’Europa da Pietro il Grande in poi, perché la Russia non è mai diventata una nazione e ha bisogno dell’impero per rimanere unita. La Russia di Vladimir Putin sarà sempre aggressiva perché è così che si tiene in piedi, se Donald Trump vince in America sarà l’Europa a doversene fare carico, non possiamo arrenderci altrimenti dopo l’Ucraina i prossimi saranno i paesi baltici”, ha concluso.