Secondo Elon Musk, fondatore e ad di Tesla, i costruttori di auto elettriche cinesi “demoliranno” i loro rivali internazionali a meno di introdurre barriere commerciali; per Musk le società auto cinesi sono “le più competitive al mondo”. Questa è l’opinione dell’imprenditore che ha fondato Tesla che in teoria dovrebbe avere un vantaggio competitivo rassicurante.
Se Musk ha ragione e i costruttori cinesi demoliranno i competitor a meno di dazi commerciali, ci si dovrebbe chiedere quale sia il futuro dell’industria auto europea non solo perché oggi è costretta a competere con costi energetici alti. L’Europa aveva accumulato una posizione di leadership nel motore termico e in particolare nel diesel, incluso quello di ultima generazione, che ha dilapidato abbracciando la causa dell’auto elettrica, il cui cuore è la batteria non il motore; l’Europa invece sui motori efficienti, soprattutto su quelli di piccola cilindrata, ha sempre avuto una posizione competitiva forte. Nel settore elettrico, invece, non c’è alcun costruttore europeo tanto avanti quanto Tesla che a sua volta teme la competizione cinese. Se l’auto elettrica poi deve diventare di massa, e scendere il più possibile di prezzo, allora lo svantaggio competitivo è ancora più alto.
La necessità di barriere commerciali per costruire un’alternativa è ancora più impellente in Europa che oltretutto non presidia le catene di fornitura che alimentano le batterie. L’Europa parte molto indietro sia rispetto ai competitor americani che rispetto a quelli cinesi in una fase in cui “si deve” passare all’elettrico velocemente. Se si decidesse di procedere con le barriere commerciali nel gioco delle ritorsioni si saprebbe dove si inizia, ma non dove si finisce. La Cina, qualche settimana fa, ha reagito ai primi tentativi europei di proteggere il proprio mercato auto con l’imposizione di dazi sulle importazioni di liquori francesi. Questa schermaglia iniziale dà la dimensione della sfida. Se l’Europa introduce barriere commerciali, la lista dei settori che si trova esposta a ritorsioni diventa lunga e dolorosa; gli europei si trovano con auto costose e l’unica conclusione possibile è che l’auto diventi un bene per pochi. Se l’Europa non introduce dazi, l’industria auto europea è invece destinata a soccombere di fronte ai concorrenti più “competitivi al mondo”. Queste sono le due alternative se non si rimette in gioco il motore termico.
Due ulteriori piccole notizie inquadrano lo scenario in cui si trova l’Europa. Un recente studio dell’Eia calcolava che la produzione di idrogeno verde in Oman potrebbe essere una delle più competitive al mondo. Uno dei sogni europei per la transizione è appunto l’idrogeno verde. Lo studio calcola un potenziale costo di produzione che potrebbe essere la metà della metà di quello europeo. L’Oman, come tutto il Medio Oriente, ha abbondanza di sole, di vento e superfici sterminate su cui installarli. L’Europa non ha né altrettanto sole, né altrettanto vento, soprattutto a terra dove costa poco, né altrettanta superficie libera. In uno scenario in cui il nucleare di nuova generazione non arriva prima di una generazione l’Europa non ha vantaggi competitivi e sarebbe costretta a rifornirsi dall’altra parte del Mar Rosso.
La seconda notizia è che l’India, dopo lo scoppio delle tensioni nel Mar Rosso, starebbe valutando di ricominciare a comprare petrolio dall’Iran. L’India è la potenza industriale emergente in un quadro di tensioni crescenti tra la Cina e l’Occidente. Le importazioni di petrolio, scontato, dalla Russia sono salite ai massimi di sempre e sono passate da appena l’1% del totale a quasi il 40%. Per l’Europa è difficile competere con concorrenti che hanno una tale flessibilità politica soprattutto se bisogna rimanere sui binari rigidissima di una transizione senza compromessi.
Sembra necessario un ripensamento profondo della politica economica europea assumendo che il benessere dei suoi abitanti sia ancora una priorità.
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