“La fragilità” era il tema che Mohamed aveva svolto come simulazione della prima prova dell’esame di Stato, un argomento che lo aveva coinvolto appena ne aveva letto la formulazione. Mohamed aveva usato tutto il tempo a sua disposizione, guardando e riguardando il suo testo in quanto non sicuro nella sintassi e nell’ortografia. Appena uscito da scuola vi era Omar ad aspettarlo.
“Quanto tempo ci hai messo!” aveva subito sbottato l’amico, che lo stava aspettando da più di mezz’ora.
“Lo sai che ho paura di fare errori. Le idee le ho, ma scriverle è un’altra cosa.”
“Anch’io non sono sicuro, ma rischio!” aveva risposto Omar con una certa sicurezza, di fronte alla quale Mohamed aveva sorriso senza dire nulla di quello che gli era venuto in mente. I rischi che si prendeva Omar erano da brividi!
“Lasciamo perdere” aveva pensato fra sé e sé Mohamed, che però aveva chiesto ad Omar se avesse potuto accompagnarlo al centro di aiuto allo studio perché doveva dire una cosa a Diego, il volontario che da cinque anni lo stava aiutando in italiano.
“Va bene” aveva risposto Omar, che aveva poi preso in mano il pallino della conversazione raccontando per filo e per segno il suo tema sulla guerra in Palestina.
“Hai scritto qualcosa rispetto alle cause storiche?” aveva chiesto ad un certo punto Mohamed, lasciando l’amico senza parole, perché di cause storiche non ne aveva messa una.
“Ah! Va ok così, non sono un prof, andrà bene ciò che hai scritto” aveva allora detto Mohamed, rompendo quell’imbarazzante silenzio.
“Il prof mi dice e ridice di mettere il mio pensiero, io l’ho fatto, vedrai che andrà bene” aveva allora precisato Omar.
Arrivati al centro Omar si era seduto su una sedia all’ingresso dove avrebbe aspettato l’amico che era andato da Diego nella sua aula.
“Come è andata?” gli aveva chiesto il volontario non appena Mohamed era entrato nell’aula.
“Ho fatto il tema sulla fragilità” aveva risposto il ragazzo, “mi meraviglio di quanto ho scritto e ad alti livelli filosofici sul rapporto che i nostri limiti hanno con l’infinito. Però volevo chiederti una cosa, perché ho paura di essere sceso di livello”.
“Dimmi” aveva detto il volontario molto incuriosito.
“Io ho concluso il tema dicendo che la mia fragilità è di fronte alla sofferenza degli altri. Non ho parlato dell’infinito o di Dio, ho scritto della gente che soffre.”
“Fammi capire” aveva detto il volontario, che non era certo di aver afferrato ciò che voleva esprimere il ragazzo.
“La mia fragilità” aveva ripreso in modo stentoreo Mohamed “è che vedo le persone soffrire e io non riesco a fare nulla. Questa è la mia fragilità, che sento mio il dolore degli altri ma non sono capace di intervenire.”
Diego lo aveva guardato con grande intensità, la prima parola che gli era uscita di bocca era stata “grazie” e l’aveva ripetuta tre volte.
“Perché grazie?” aveva reagito Mohamed sorpreso di quella risposta e non capendo il nesso con la domanda.
“Perché vorrei avere la tua sensibilità, vorrei saper guardare gli altri così.”
Mohamed non capiva; Diego, avendo intuito il suo disagio, gli aveva allora detto: “Conclusione geniale e vera, perché facendo esperienza di questa incapacità a risolvere i drammi degli altri si arriva a Dio.”
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