L’ansia scolastica è uno stato d’animo sempre più diffuso tra gli adolescenti. E la responsabilità sembrerebbe da rintracciare principalmente nella pesantezza e nella rigidità dominante all’interno della famiglia e della scuola. Perchè “se le classi scolastiche si trasformano in luoghi nevrotici abbiamo fallito tutti: insegnanti, famiglie, dirigenti e politici. “ Questo è quanto emerge dall’analisi del quotidiano Specchio, da cui fuoriescono degli interrogativi: “cosa resta della visione profetica di Maria Montessori, inizialmente rivolta proprio verso i piccoli “nevrastenici”, i bambini con ritardo mentale, la cui osservazione le fu utile a comprendere i meccanismi cognitivi infantili? Abbiamo quindi irrimediabilmente dimenticato, nonostante tutte le celebrazioni del recente centenario della nascita di don Lorenzo Milani, l’imprescindibile “I care” da lui posto quale base costitutiva di qualsiasi approccio pedagogico?” Inevitabile è la riflessione.
Testimonianze della deriva che la società sta prendendo a danno degli adolescenti arrivano anche dal libro ‘Domani resto a casa‘ di Stefano Vicari e Maria Pontillo, rispettivamente neuropsichiatra e psicoterapeuti infantili, in cui sono raccolte storie proprio di ragazzini e del loro disagio scolastico.
ANSIA SCOLASTICA, COME ‘CURARLA’?
È chiaro che le responsabilità più tangibili, di evidenza collettiva, sono riconducibili all’istruzione scolastica: se le interrogazioni vengono ancora drammatizzate come selezioni, l’ansia da prestazione è destinata ad aumentare. Al contrario, si dovrebbe puntare sulla qualità della relazione umana, fra docenti e studenti, in primo luogo, attraverso una conquista di reciproca fiducia, ma anche sui rapporti all’interno del gruppo classe, al fine di evitare tensioni e bullismi, senza dimenticare la potenziale malvagità adolescenziale. Questa sarebbe dunque la direzione da intraprendere per ridurre l’ansia scolastica che affligge gli adolescenti, tra attacchi di panico e tachicardie, insonnia e sudori freddi, incubi delle verifiche e terrore del giudizio .
Sempre dallo Specchio si evince come nelle aule i docenti dovrebbero lavorare a ‘ingranaggi scoperti’, mostrando ai ragazzi le mete da raggiungere, senza ricorrere a trucchi e trabocchetti. Insomma, l’insegnante dovrebbe imparare ad uscire dal proprio ruolo istituzionale andando incontro ai bisogni dei giovani. Perchè “a volte sapere come trascorrono i pomeriggi i nostri studenti, quali sono i loro interessi, chi frequentano, cosa pensano, come vivono, è più importante della verifica dei compiti che gli abbiamo assegnato. “