Si chiama “data scraping” l’ultima idea del governo Meloni per combattere l’evasione fiscale: usare i social per stanare gli evasori. A farne accenno è stato Maurizio Leo, viceministro dell’Economia, secondo cui l’analisi degli stili di vita per vedere se corrispondano ai redditi dichiarati potrebbe risultare molto utile. Ma Filippo Facci sul Giornale ricorda che il “Grande fratello sulle tasse” era il progetto segreto di Antonio Di Pietro. Infatti, l’ex pm voleva introdurre un modello da Germania Est. Era il 1996 quando Di Pietro in un interrogatorio ne fece accenno. All’epoca parlò del Servizio ispettivo di sicurezza (Sis), il cui laboratorio propulsore fu l’Università di Castellanza, dove improvvisarono una “cattedra” insieme a un centro di ricerca per elaborare proposte di legge.
La riforma fiscale prevedeva un ruolo decisivo proprio del Sis, cioè una super struttura di indagine che avrebbe dovuto sorvegliare e scoprire chi si fosse arricchito in maniera sospetta. Avrebbe dovuto affiancare l’anagrafe tributaria, che peraltro la sede da cui è intervenuto l’altro giorno Leo, ma in una forma molto estensiva, tramite l’ausilio di un archivio elettronico con tutti i dati sulle proprietà, denari e beni, anche di parenti e amici. L’anagrafe tributaria era prevista in origine da un decreto legge del 18 luglio 1994, a firma del governo Berlusconi: l’idea prevedeva un controllo dei dipendenti del ministero delle Finanze. Due anni dopo, Antonio Di Pietro la fece sua, provando ad estenderla ovunque.
DATA SCRAPING, COME FUNZIONAVA IL PROGETTO DI PIETRO
Antonio Di Pietro nella sua prima lezione a Castellanza denunciò che il Sis, come era stato concepito da Giulio Tremonti, era una scatola vuota, a cui non era interessato. Invece, la struttura che lui aveva in mente era diversa. Infatti, come ricostruito da Facci sul Giornale, spiegò che in caso di rilievi del “suo” Sis, sarebbe stato il singolo a dover dimostrare che le rendite dichiarate fossero compatibili col suo stile di vita, non viceversa. Era l’inversione dell’onere della prova cara a Mani pulite, anzi lo strumento per portare Mani pulite nella burocrazia e nella vita civile.
Fallito il Sis che aveva in mente, Di Pietro provò a trasferire il principio in una legge sempre architettata a Castellanza: una suprema Authority per coordinare unità civili e militari per predisporre «ispezioni, indagini e invitare qualsiasi altro soggetto a fornire notizie e informazioni», giacché «indagini patrimoniali possono essere estese ai prossimi congiunti nonché a terzi», questo «in piena autonomia dagli altri poteri dello Stato un potere simile a quello degli organi di polizia giudiziaria». Qualcosa che a molti è apparso come uno Stato di Polizia. «Ma bisogna fare un’analisi dei costi-benefici in una visione della giustizia penale che si preoccupi di raggiungere un vantaggio per la collettività», scriveva l’ex pm. I diritti del singolo possono essere sacrificati, i benefici giustificano i costi? In altre parole, il fine giustifica i mezzi.