Le dimissioni da sottosegretario alla Cultura di Vittorio Sgarbi sono frutto di una decisione non meditata. Lo rivela lo stesso critico d’arte nell’intervista al Corriere della Sera. «L’ho fatto d’istinto dopo aver ricevuto il documento di condanna dell’Antitrust. Lo avevo letto sull’aereo». Il documento in questione stabilisce, come spiega Sgarbi, l’incompatibilità tra il ruolo e la sua persona. «Io sono diventato sottosegretario alla Cultura perché sono scrittore, conferenziere, critico d’arte. Ma questa non si può considerare una professione come fare il medico». Dunque, le sue attività sono considerate «un’interferenza con l’attività di sottosegretario». Per il critico d’arte è incomprensibile il metro usato per misurare l’incompatibilità. «Ieri sera il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha presentato un suo libro. Il governatore del Veneto Luca Zaia ha parlato di un altro suo libro».
Quando gli viene fatto notare che l’Antitrust ha contestato l’incompatibilità per i compensi ricevuti, Sgarbi smentisce: «La questione non è se le attività sono a pagamento o sono gratuite. L’incompatibilità vale in tutti e due i casi, così è scritto nel documento dell’Antitrust, una sessantina di pagine». A proposito dei compensi, racconta di aver ricevuto circa 150-200mila euro, «ma sono tutti fatturati e regolarmente denunciati». Comunque, Sgarbi era appena sceso dall’aereo di Milano, quando ha deciso di annunciare le dimissioni, infatti doveva recarsi a una conferenza. «Allora ho pensato: dicono che le mie attività di critico d’arte sono incompatibili con il mio ruolo? Allora mi dimetto, così posso parlare liberamente di artisti come, appunto, Michelangelo, Caravaggio e Raffaello».
SGARBI “ANTITRUST? TESTO SENZA FONDAMENTO”
Vittorio Sgarbi al Corriere della Sera ricostruisce anche la genesi della vicenda, cioè «due lettere anonime» che sarebbero di un tale Dario Di Caterino, che «si è dichiarato al Fatto Quotidiano» e che lo «odia perché voleva lavorare per me e io invece non l’ho assunto». Sono state mandate due lettere, in cui «si parlava della Milanesiana, della mia conferenza con Pupi Avati, quella su Caravaggio come fossero tutte attività professionali contrastanti con la mia attività di sottosegretario». La lista in realtà è lunga. «È stato rubato l’account del ministero con tutti i dati di quello che ho fatto». Il critico d’arte intende sporgere denuncia alla polizia postale, anche per scoprire chi ha rubato l’account. «Io all’Antitrust ho fatto una relazione per segnalare che sono presidente di diversi musei, di Ferrara, del Mart di Rovereto, fino a giovedì lo sono stato anche della Fondazione Canova…».
Le lettere sono arrivate all’Antitrust tramite il ministro Sangiuliano che, stando a quanto raccontato da Sgarbi, non l’ha contattato prima. «Chiunque riceve una lettera anonima prima di tutto parla con il suo collaboratore, non le manda a scatola chiusa». La battaglia di Sgarbi, comunque, non è finita, infatti farà ricorso al Tar, «perché è evidente che il testo dell’Antitrust è senza fondamento». Le attività contestate, infatti, «sono certo frequenti ma restano occasionali. Il Tar non può non riconoscere questo aspetto». Per quanto riguarda l’indagine per un quadro che sarebbe stato esportato illegalmente, Sgarbi parla di «invenzioni del Fatto Quotidiano e di Report, che hanno fatto i piccoli poliziotti dando retta a Di Caterino e al restauratore Gianfranco Mingardi, tutti e due avevano ragione di aver astio e odio nei miei confronti». Ma afferma anche di poter «dimostrare che sono tutte falsità».