“LA FEDE È UNA GRAZIA CHE VIVO, MI IMPORTA SOLO SEGUIRE DIO”: LA TESTIMONIANZA DI RICKY MEMPHIS
Romano e romanista doc, attore di successo e presto protagonista nella mini-serie Rai sulla storia di Mameli, ben pochi però conoscono Ricky Memphis nel suo lato più intimo e connesso alla sfera personale, per non dire religiosa. Eppure c’è un mondo come lui stesso racconta nella lunga intervista al “Messaggero” che è ben oltre la semplice “simpatia” per la fede cristiana: «La fede è una grazia che vivo dentro e fuori di me, mi importa soltanto seguire la parola di Dio».
Davanti ad un mondo come quello dello spettacolo che sul tema non è particolarmente “affine”, Ricky Memphis – nome d’arte di Riccardo Benito Fortunati – non si scompone, lanciando però comunque una frecciatina all’ambiente del cinema italiano: «ogni tanto mi dà un po’ fastidio l’ignoranza e l’arroganza di quelli – come certi atei da salotto – che si dicono garantisti e comprensivi per qualsiasi cosa, ma quando si parla di cattolicesimo diventano ferocemente intransigenti».
RICKY MEMPHIS, DAL PAPÀ “FASCISTONE” ALL’APPREZZAMENTO PER I PAPI
Serve pazienza, continua a ripetere, così come riconosce che fin da piccolo, nonostante le forti difficoltà per un papà morto giovanissimo quando il piccolo Ricky aveva 6 anni, è la fede ad esser stata la sua vera salvezza: «Non mi spaventa la morte, però se me ne andassi ora avrei paura per i miei figli. Hanno ancora bisogno di me. Lasciarli soli adesso, come mio padre fece con me, è qualcosa che mi terrorizza». L’attore reso famoso da “Distretto di Polizia” racconta di essere schivo, impaurito spesso e tutt’altro che “burlone” come i ruoli che ha interpretato spesso farebbero pensare: «la realtà è che mi piace stare per conto mio. Sono sempre stato così, anche quando lavoravo come pasticciere o manovale».
Nonostante un’infanzia difficile per la morte del papà – che rivela essere stato un “fascistone” che voleva chiamarlo a tutti costi Benito, ma fu mamma a mediare lasciandolo solo come secondo nome – si ritiene comunque fortunatissimo anche se avrebbe voluto sfruttare meglio «il talento che Dio mi ha dato»: ancora al “Messaggero” Ricky Memphis racconta il perché di un nome d’arte così particolare, legato tutto al suo idolo di infanzia Elvis, «Rimasi folgorato da lui a casa di mio zio, a Frascati, leggendo il giornale che dava la notizia della sua morte»; racconta che quando avevo 9 anni scoprì della morte del “re del rock”, «Veniva descritto come un eroe infallibile. Credo di aver visto in lui una specie di figura paterna. Ogni volta che lo sento cantare mi emoziono fino alle lacrime». Crede in Dio, nel libero arbitrio e nel ruolo salvifico della fede, apprezzando moltissimo nella Chiesa un personaggio anche qui che lo fa “differenziare” parecchio dal “consueto” clichè dell’artista nostrano: «mi piace Papa Francesco, anche se sono più tradizionalista e apprezzavo molto Papa Ratzinger, voluto da Giovanni Paolo II come garante della fede».