Uno dei maggiori successi televisivi degli anni Sessanta fu una doppia serie di sceneggiati dovuti al genio drammaturgico di Federico Zardi. Il primo di essi, I Giacobini, già creato in teatro nel 1955 da Giorgio Strehler, venne proposto sul piccolo schermo nel 1962, per la regia di Edmo Fenoglio. Sequel d’ancor più vaste proporzioni fu I grandi camaleonti, trasmesso nel 1964, sempre per la regia di Fenoglio. L’impietoso scandaglio umano e politico dell’autore indagava le vicende che, attraverso il Direttorio, il Consolato e la proclamazione dell’Impero, avevano portato Napoleone Bonaparte al potere assoluto. I trasformismi, le doppiezze, le invidie, le avidità di alcuni dei protagonisti di quello squarcio di storia, erano resi in modo memorabile da attori dei quali Giancarlo Sbragia (Napoleone), Raoul Grassilli (Fouché) e Tino Carraro (Talleyrand) vanno più d’altri ricordati.
Assai meno popolari di tali figure e dei loro accoliti d’Oltralpe, sono stati nell’Italica Penisola – e in questa segnatamente nel Regno di Napoli – alcuni personaggi che, ancor sotto Ferdinando IV e poi nei regni di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat, avevano dato vita a un disinvolto andirivieni politico e diplomatico al servizio tanto dei Borbone, quanto dei Bonaparte e viceversa, con un’ abilità ammessa e fruita da entrambe le corone. Gran camaleonte nostrano – e figura di lignaggio pari a quello di Charles-Maurice de Talleyrand – dev’essere considerato Marzio Mastrilli, marchese e poi duca di Gallo.
Le sue Memorie (pubblicate postume da Benedetto Maresca di Serracapriola) narrano ch’egli “nacque a’ 6 settembre dell’anno 1753 nel castello di Ponticchio, feudo della sua casa situato nell’agro nolano, dal duca di Marigliano don Mario Mastrilli e dalla duchessa donna Giovanna Caracciolo di Capriglia, sorella del duca di San Teodoro”. Inviato a studiare al Pontificio Collegio Clementino di Roma, il giovane Marzio presto si distinse per il grande interesse agli studi, sì che già a quindici anni la Società degli Infecondi, presieduta dal principe Filippo Lancellotti, volle annoverarlo tra i suoi membri e che l’Accademia dell’Arcadia lo accolse col nome di Lucidastro Eliconio. Mentore e pronubo di un avvenire di cui già s’intravedevano le luci, era lo zio materno, il marchese Domenico Caracciolo, che scriverà diffusamente di lui a Bernardo Tanucci, primo ministro di Ferdinando IV. La risposta, in data 19 dicembre 1775 pochi dubbi lascia: “Non posso confutare questo multiloquio con altro che con giurare di essere persuasissimo e prontissimo a servir V. E. In tutta la più estesa periferia, ed orbita, […] il più cospicuo ornamento e il satellite più scintillante [è già] il buon marchese di Gallo, il quale è qui tanto applaudito per la regolarità del costume, per la prudenza e pella grazia, che ha meritata”.
La carriera diplomatica del marchese di Gallo – ora un giovane uomo alto, di bell’aspetto, elegante, di modi appena venati di mondanità – inizierà, dopo un settennio di apprendistato tra Palazzo Reale e Caserta, con la nomina a ministro plenipotenziario presso la corte sabauda. Trovando un tale favore dal re Vittorio Amedeo, che – quando nel 1786 Ferdinando IV deciderà di inviarlo alla corte di Vienna – il sovrano piemontese vorrà scrivere a quello napoletano: “Protesto alla Maestà Vostra che, se devo compiacermi delle grazie che onorano il di lui merito, non senza rincrescimento vedo partire dalla mia Corte questo degno ministro, che tanto colla sua saviezza, colle sue attenzioni, col nobile suo carattere, e soprattutto poi col suo zelo a raffermare e promuovere quella felice corrispondenza che tra noi sussiste, seppe rendersi a me grato”.
È nel periodo viennese che tra Mastrilli e la regina Maria Carolina, consorte di Ferdinando IV, inizia una fitta corrispondenza contrassegnata da una singolare e talor riservata intesa. Sarà il plenipotenziario a condurre – la sovrana nell’ombra dietro di lui – le trattative per i tre matrimoni che avrebbero ulteriormente consolidato i rapporti tra l’impero d’Austria e il regno delle Due Sicilie: il principe Francesco, erede al trono di Napoli, avrebbe sposato l’arciduchessa Maria Clementina d’Austria e le di lui sorelle sarebbero state impalmate dai giovani arciduchi d’Asburgo. Sì che Maria Carolina manifesterà al marchese di Gallo, con una lettera del 15 agosto 1790, la sua “vera ed infinita riconoscenza per tutto quello che vi devo in questa occasione. Questo servizio resterà sempre impresso nel mio cuore e la mia vera riconoscenza durerà quanto la mia vita”.
È probabilmente negli anni tra Napoli e Torino che il giovane Mastrilli entra nella Massoneria: prima nell’esclusiva (e “ufficiosa”) “Loggia Vittoria 33”, fondata in Sicilia agli inizi del Seicento nella città di Vittoria (antico feudo dei Colonna); poi nel 1813 nell’ancor più illustre (e “ufficiale”) Loggia del Grande Oriente di Napoli “La Perfetta Unione”, il cui carismatico demiurgo era il principe de Sangro di Sansevero. Una sorta di corrispondenza quadrilatera si stendeva, nella seconda metà del Settecento, fra Londra, la Sicilia, Napoli e quella città di Lucca, ove i di Gallo (come molti eminenti napoletani) avevano proprietà e relazioni cospicue.
In un’Europa terremotata dalla Rivoluzione francese e dai successi militari dei suoi giovani generali, la corte di Napoli è persuasa che lo zelo e l’abilità del Mastrilli possono esser più utili da vicino che da lontano: e il 30 novembre 1797 lo richiama nel Golfo, a breve termine nominandolo ministro per gli affari esteri, la marina e il commercio, nonché segretario della Regina. “Il soldo che in questa occasione gli fu dato, ascendeva a 14.400 ducati annui, cogli onori di carrozza e livrea di corte”. L’occupazione francese, la Repubblica Napoletana e la fuga dei Reali a Palermo vedranno Mastrilli prima in Sicilia con la corte, poi a Vienna, ancora plenipotenziario, onde lavorare a un’armistizio non troppo umiliante per i Borbone. La pace di Firenze, il matrimonio con sua nipote Maddalena Mastrilli, l’accredito come plenipotenziario presso il Primo Console della Repubblica Francese, Napoleone Bonaparte, sono la svolta che il biennio 1800-1801 porta nella vita del marchese di Gallo. Cui di lì a poco – proclamatosi Napoleone Imperatore dei Francesi e Re d’Italia – spetterà, in continua corrispondenza con le due corti e con l’ambasciatore francese a Napoli, Charles Jean-Marie Alquier, di negoziare una neutralità delle Due Sicilie che verrà sottoscritta a Parigi il 21 settembre 1805 da Talleyrand e da Mastrilli stesso.
Si ha ragione di credere che questi non fosse totalmente al corrente che tale neutralità aveva per Ferdinando IV solo una funzione dilatoria. Onde poter meglio prepararsi ad aderire alla Terza Coalizione. La sconfitta delle potenze europee ad Austerliz, l’ira dell’Imperatore contro Ferdinando, l’avviarsi minaccioso delle armate francesi dagli Stati Pontifici verso quelli napoletani, hanno a corollario l’invito severo che nel febbraio 1806 Talleyrand trasmette a Mastrilli e al suo seguito d’ambasciata “a lasciare Parigi e la Francia entro dieci giorni”.
(1 – continua)
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