Il passaggio dalle sigarette tradizionali ai prodotti innovativi senza combustione produce benefici, ma le informazioni necessarie per scoprirli non sono facilmente disponibili. È quanto emerge dall’indagine su consumatori, medici italiani e prodotti a tabacco riscaldato realizzata dall’Istituto Piepoli in collaborazione con l’associazione Adiconsum e commissionata da Philip Morris Italia. I risultati di questa ricerca evidenziano che oltre il 90% dei medici intervistati considera il fumo un’emergenza sanitaria, infatti approfondisce il tema col paziente. D’altra parte, meno di un intervistato su dieci chiede ai pazienti se usa prodotti senza combustione. Ciò è dovuto, appunto, anche alle difficoltà nel reperire informazioni sui tali prodotti innovativi, alternativi alle sigarette. Lo rimarca quasi la metà degli intervistati, con due medici su tre che riferiscono di essere venuti a conoscenza di questi prodotti tramite passaparola (amici, parenti, colleghi). Solo il 15% ha scoperto che esistono tali dispositivi in occasione di congressi.
Alla luce di ciò, per Carlo De Masi, presidente di Adiconsum, sono necessarie due cose per garantire una protezione efficace della salute dei cittadini rispetto ai rischi legati al fumo. «La prima è la prevenzione, attraverso l’educazione nelle scuole e il controllo sull’accesso dei minori a tutti i prodotti; la seconda è l’informazione al pubblico generale dei consumatori, che deve consentire a ciascuno di conoscere i rischi e le differenze tra le varie tipologie di prodotti, valutando eventuali vantaggi delle alternative che oggi sono disponibili». L’obiettivo principale dei medici resta la cessazione del fumo, ma quasi la metà dei medici coinvolti nell’indagine dell’Istituto Piepoli ritiene che i prodotti a tabacco riscaldato potrebbero essere un’alternativa valida per i fumatori, che altrimenti continuerebbero a fumare. Inoltre, oltre la metà dei medici intervistati riferisce che i propri pazienti riportano di sentirsi meglio, cioè di avere meno tosse e più fiato, quando lasciano le sigarette per passare ai prodotti a tabacco riscaldato.
FUMO E PRODOTTI A TABACCO RISCALDATO: I RISULTATI DELL’INDAGINE DELL’ISTITUTO PIEPOLI
Ma torniamo ai dati della ricerca svolta dall’Istituto Piepoli. La quasi totalità del campione coinvolto, cioè il 92%, ritiene che la medicina basata sulle evidenze possa applicarsi al settore della riduzione dei rischi da fumo di sigaretta. Stessa percentuale dei medici intervistati che ritengono che le istituzioni sanitarie debbano investire di più in programmi dedicati ad aiutare i fumatori a smettere di fumare. Tra loro, oltre il 70% ritiene che sia necessario integrare le strategie già esistenti, come numero verde e centri antifumo, con le strategie tecnologicamente innovative. Più alta la percentuale di chi afferma che le autorità regolatorie dovrebbero valutare le strategie di riduzione dei rischi determinati dal fumo di sigarette senza pregiudizi ideologici: si sale al 97%. Infine, quasi l’80% dei medici intervistati dall’Istituto Piepoli per la ricerca commissionata da Philip Morris Italia ritiene che, in virtù di molte evidenze scientifiche in base a cui i prodotti a tabacco riscaldato possono rappresentare un’alternativa valida per i fumatori adulti in una logica di potenziale riduzione del rischio, lo Stato dovrebbe promuovere il riconoscimento dell’importanza di un approccio di riduzione del rischio e incoraggiare i fumatori che non vogliono o non riescono a smettere a passare ad alternative senza combustione.
Per 9 medici su 10 il fumo è una vera emergenza sanitaria, che va affrontata anche con una una maggiore informazione sui prodotti innovativi senza combustione. A tal proposito, Livio Gigliuto, presidente esecutivo dell’Istituto Pieopoli, la “battaglia” va affrontata «attraverso un ruolo attivo delle istituzioni e una continua ricerca scientifica». A proposito dei risultati dell’indagine, afferma che «la maggioranza dei medici conferma anche quanto già affermato dai consumatori coinvolti nella prima fase dell’indagine, che avevano riferito di aver ottenuto benefici personali nel passaggio da prodotti tradizionali a prodotti innovativi senza combustione». I risultati della ricerca, spiega Vincenzo Montemurro, membro del consiglio direttivo della Società italiana di Cardiologia, confermano che c’è «una certa confusione e una non perfetta conoscenza della problematica». Ciò complica la battaglia contro il fumo, che «rappresenta uno dei rischi maggiori e causa di malattie». Quindi, Montemurro auspica che ci sia un’informazione «precisa anche nel medico di medicina generale, perché ha un approccio più diretto con il paziente e può spiegare in maniera più evidente il danno da fumo». Invece, spesso non si va oltre la domanda su quante sigarette si fumano, senza approfondire. Eppure, l’Italia «ha percentuali molto elevate di fumatori in Europa e il Sistema sanitario nazionale non può sottovalutare la questione del fumo, insieme a ictus e ipertensione per la salute delle persone», avverte Montemurro. Anche le società scientifiche sono chiamate a fare la loro parte, approfondendo il tema della riduzione del danno, infatti ci sono iniziative congressuali sul tema.
RIDUZIONE DEL DANNO E PRODOTTI SENZA COMBUSTIONE: IL RUOLO DELLA POLITICA
La politica non deve tirarsi indietro di fronte a questa sfida. Lo sottolinea Luciano Ciocchetti, vicepresidente XII Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati, secondo cui finora in Italia c’è stato «un approccio ideologico» e non si è voluto affrontare il tema della riduzione del danno. Di conseguenza, si finisce per proibire tutto, senza affrontare la questione con informazione, formazione e studi scientifici. «Quello che siamo riusciti a fare è stato mettere immagini truci sui pacchetti di sigarette anziché dare informazioni sulle alternative alle sigarette tradizionali. Il nostro obiettivo deve essere quello di portare più persone possibile a non fumare o a smettere, ma a chi non riesce a smettere dobbiamo dare una corretta informazione con linee guida emanate dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore di sanità sulle possibilità alternative che possano portare a una riduzione del danno», dichiara Ciocchetti. La politica italiana, quindi, deve «uscire da questa logica ideologica, dando informazione sui rischi, formando i medici e in particolare quelli di medicina generale e offrire opportune alternative a chi vuole smettere».
In qualità di vicepresidente della XII Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati spiega che ci sono state audizioni sul piano europeo per la lotta al cancro. «Come commissione possiamo inserire un documento riferito a questo ragionamento, a un rapporto migliore con le autorità e le società scientifiche perché chi non vuole smettere venga a conoscenza della riduzione del danno. Questo è un percorso su cui lavorare impegnando governo e associazioni scientifiche per elaborare delle strategie alternative di informazione e formazione di medici e dei consumatori sulla riduzione del danno». Pur riconoscendo che al momento «non c’è unità intenti tra partiti», Ciocchetti auspica «un impegno verso il governo, perché il proibizionismo non è la soluzione al problema».