Oggi, anche in conseguenza dei lockdown per la pandemia, in molte aziende pubbliche e private sta prendendo piede il modello organizzativo ibrido, che vede i lavoratori lavorare in diversi luoghi e con orari sempre più flessibili. Peraltro, non tutte le attività lavorative possono essere facilmente “remotizzabili” (neologismo ormai sempre più in voga nelle organizzazioni). Ciò che sta diventando sempre più realtà è il lavoro per obiettivi, anche se non sempre semplice da attuare, specialmente per quei lavori che necessitano di obiettivi qualitativi. Di norma risulta, infatti, più lineare la fissazione di obiettivi quantitativi: un commerciale, per esempio, ha obiettivi di fatturato, visite dal cliente, valore delle offerte, che possono essere quantificate in numeri chiari. L’individuazione di obiettivi qualitativi si presenta più complessa, infatti un lavoratore che elabora cedolini non può essere valutato per il numero di cedolini elaborati (tendenzialmente un numero fisso al mese), ma è necessario individuare i criteri qualitativi che possano essere misurati e valutati.
Oggi le aziende italiane, e non solo, si trovano in un momento di grande eterogeneità organizzativa, con cambiamenti della realtà più continui e veloci rispetto a 5 o 10 anni fa. Un esempio è il lavoro di squadra, dove non è facile trovare l’equilibrio tra gli obiettivi da raggiungere e il lavoro diretto a far crescere il team, sviluppare le competenze dei singoli membri e costruire un processo comunicativo che permetta il raggiungimento dei risultati prefissati con la soddisfazione di tutte le parti in gioco. Lavorare in team oggi significa avere molto chiari i processi di comunicazione, di scambio delle informazioni e di allineamento continuo.
La mia esperienza sul campo suggerisce che ci sia ancora molto lavoro da fare. Basti pensare alle riunioni virtuali. Cinque/sette anni fa le riunioni virtuali erano marginali e solo se era impossibile incontrarsi di persona. Oggi sono il maggior strumento utilizzato per incontri e riunioni. Certamente i meeting virtuali hanno moltissimi vantaggi: permettono di coinvolgere chiunque in qualunque parte del mondo (connessione e fuso orario permettendo), evitano spostamenti logistici talvolta complessi e dispendiosi, agevolano l’organizzazione delle attività e ottimizzano i tempi. Di certo uno strumento comodo, ma anche sempre funzionale?
La presenza fisica richiede maggiori sforzi logistici e organizzativi, ma in alcune occasioni è necessaria e molto più efficace. Si tratta di scegliere ciò che è utile e non per forza ciò che è più comodo. I dati di molte ricerche uscite in questi ultimi 3 anni ci dicono che si tende a scegliere la comodità del virtuale, divenuta ormai la nostra abitudine preferenziale. Il binomio tra comodità e funzionalità è molto complesso, perché coinvolge anche il funzionamento del nostro cervello, grande amante della comodità.
Oggi molte organizzazioni che contemplano il lavoro a distanza si trovano ad aver assorbito un modo di lavorare nuovo e rivoluzionario in pochissimo tempo. Molto spesso è stato trovato un equilibrio, ma permane il rischio di una perdita di funzionalità ed efficienza. È possibile che dei processi vengano rallentati perché qualcuno in quel momento lavora a distanza e “allora passo domani”. Oppure “se non è in ufficio, non sto a disturbare al telefono”; “quando sono a casa mi sento in colpa per chi è in ufficio”. Virgolettate sono riportate alcune delle affermazioni che sento quotidianamente nelle organizzazioni pubbliche e private che incontro.
La grande rivoluzione dei modelli organizzativi è riuscire ad avere un approccio culturale proattivo, coinvolto e capace di assumere su di sé gli obiettivi e i risultati del team. Non è facile se pensiamo che, in modi pur diversi, tutti coloro che lavorano da più di 15 anni hanno conosciuto un metodo di lavoro di stampo tradizionale/fordista. Io non ho conosciuto la catena di montaggio, ma essendo in attività da più di 15 anni e avendo lavorato in una multinazionale per molti anni, ricordo l’approccio, mi si permetta, quasi fantozziano di scansare le “grane”: “non è di mia competenza”, “a me non è stato detto”, “io non sapevo niente”, “dipende dai piani alti”, “il pesce puzza dalla testa”, ecc.
Oggi c’è molta confusione negli approcci culturali aziendali. Accanto a un modello organizzativo innovativo, ci sono ancora molti approcci legati al lavoro tradizionale. È necessario trovare l’equilibrio culturale e di processo tra gli obiettivi aziendali, che devono essere chiari, espliciti e specifici, il lavoro in team, orientato alla crescita di ciascuno e ai risultati da ottenere, gli strumenti a disposizione, abbandonando la comodità per la funzionalità e l’efficienza, e in ultimo ma non per importanza, il benessere personale, che nasce dal coinvolgimento e prosegue nella motivazione nelle proprie attività lavorative.
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