23 dicembre 1984, nona carrozza del treno rapido 904 partito da Napoli per Milano quando manca una manciata di giorni al Natale. Sono passate da poco le 19 quando un ordigno, posizionato nel vagone dell’affollato convoglio ferroviario, esplode con carica radiocomandata nella galleria Direttissima tra Vernio e San Benedetto Val di Sambro, sull’Appennino tosco-emiliano. È una strage: muoiono 16 persone, 267 i feriti. Le indagini, ricostruisce Ansa, attestano la matrice “terroristico-mafiosa” e il boss Totò Riina è l’unico imputato a Firenze nel processo d’appello sulla vicenda, per la quale uno dei suoi fedelissimi, Pippo Calò, viene condannato all’ergastolo. Ma muore nel 2017, prima che si arrivi a dibattimento dopo una sequenza di rinvii.
La Procura del capoluogo, anni dopo, avrebbe individuato nel “capo dei capi”di Cosa nostra il presunto mandante e oggi, a 40 anni dalla strage del rapido 904, avrebbe in mano elementi nuovi che, riporta Repubblica, alimenterebbero il quadro di una presunta alleanza tra mafia, Servizi segreti deviati e politica dietro l’attentato. Una presunta “saldatura” tra criminalità organizzata e pezzi deviati delle istituzioni con Calò a fare da “collante” su ordine dello stesso Riina. È su questa ipotesi che si articolerebbe una nuova inchiesta della procura distrettuale antimafia di Firenze, volta all’accertamento di un coinvolgimento di agenti esterni a Cosa nostra nella strage finora rimasti fuori dal cono investigativo e processuale. Giovanni Brusca, riporta ancora il quotidiano, avrebbe tratteggiato il presunto motivo per cui Cosa nostra avrebbe voluto tenere nascosto il suo ruolo nell’attentato spingendo a credere che quella bomba fosse frutto di un piano terroristico da scovare altrove, lontano dalla Sicilia: “Voleva distogliere l’attenzione dal maxi processo e dalle indagini che stavano facendo Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, creare una strategia d’azione verso l’Italia, al nord, per distogliere l’attenzione dal sud e poter fare ‘i nostri interessi’ (…). Non escludo che sulla strage al 904 ci sia la mano di Antonino Madonia“, avrebbe detto Brusca ai pm.
Nuova inchiesta strage treno rapido 904, la speranza delle famiglie delle vittime
Di interessi “convergenti” parla anche la sentenza di primo grado del processo a carico di Totò Riina per la strage del rapido 904, conclusosi con il proscioglimento per non aver commesso il fatto. Quali fossero questi interessi, non è mai emerso. I parenti delle vittime, riporta Il Corriere della Sera, sperano che la nuova inchiesta possa chiarire anche questo punto sui tragici fatti del 23 dicembre di 40 anni fa e a sintetizzare il loro pensiero è Rosaria Manzo, presidente dell’associazione che li rappresenta, a commento della notizia di Repubblica sull’avvio di nuove indagini in relazione alla posizione di soggetti all’epoca non coinvolti nel processo.
Rosaria Manzo è la figlia del macchinista che da quell’inferno sul treno Napoli-Milano riuscì a salvarsi. “Mi sembra inverosimile che Calò da solo possa avere deciso una strage come quella. Va anche detto che in passato la pista investigativa del coinvolgimento di altri settori, in particolare di esponenti dell’estrema destra, è stata esplorata e si è conclusa con il proscioglimento degli imputati dal reato di strage – ha dichiarato Rosaria Manzo al Corriere – (…). Vedremo ora se emergeranno nuovi elementi a carico di altre persone che potrebbero avere svolto un ruolo nella vicenda“.