IL DISCORSO DI PAPA FRANCESCO ALL’ACCADEMIA PER LA VITA
Incontrando i membri della Pontificia Accademia per la Vita, Papa Francesco ha voluto soffermarsi nella sua ultima udienza in Sala del Concistoro sulla centralità delle sfide tecnocratiche e tecnologiche per la società in divenire, cercando di prevenire i rischi di un’intelligenza artificiale troppo “poco” etica. Contro l’egemonia “tech” e a favore di una cultura che recuperi le specifiche irripetibili dell’essere umano, Papa Francesco ai membri della PAV affronta di petto le qualifiche della persona in un mondo che rapidamente sta cambiando: «Il contributo degli studiosi da sempre ci dice che non è possibile essere a priori “pro” o “contro” le macchine e le tecnologie, perché questa alternativa, riferita all’esperienza umana, non ha senso. E anche oggi, non è plausibile ricorrere solamente alla distinzione tra processi naturali e processi artificiali, considerando i primi come autenticamente umani e i secondi come estranei o addirittura contrari all’umano: questo non va».
Quello che occorre fare, ricorda il Santo Padre, è inscrivere i saperi scientifici e tecnologici all’interno di un orizzonte più ampio di significato, di fatto «scongiurando l’egemonia tecnocratica». Il Papa considera nel suo discorso il tentativo di riprodurre l’essere umano con i mezzi e la logica della tecnica: ebbene, «tale approccio implica la riduzione dell’umano a un aggregato di prestazioni riproducibili a partire di un linguaggio digitale, che pretende di esprimere, attraverso codici numerici, ogni tipo di informazione». Ma dall’alba dei tempi, come dimostra l’episodio biblico della Torre di Babele, il desiderio di darsi un linguaggio unico è da sempre inscritto nella storia dell’umanità: «l’intervento di Dio, che troppo frettolosamente viene inteso solo come una punizione distruttiva, contiene invece una benedizione propositiva». Proprio quell’intervento “salva” dalla deriva di un pensiero unico attraverso la «molteplicità delle lingue. Gli esseri umani vengono così messi di fronte al limite e alla vulnerabilità e richiamati al rispetto dell’alterità e alla cura reciproca».
VITA, CRISTIANESIMO E CULTURA: COSA HA DETTO PAPA FRANCESCO CONTRO “L’INDIETRISMO”
La tecnica e la scienza è cresciuta nel tempo e in questa epoca nuova si porta sempre più al limite etico di esseri umani protagonisti di atti creatori quasi affini a quello divino, come dimostra la capacità pensante e del linguaggio delle nuove macchina. La tentazione è molto insidiosa, ravvisa Papa Francesco ai membri della Pontificia Accademia per la Vita: «Ci viene quindi chiesto di discernere come la creatività dell’uomo affidato a sé stesso possa esercitarsi in modo responsabile. Si tratta di investire i talenti ricevuti impedendo che l’umano sia sfigurato e che siano annullate le differenze costitutive che danno ordine al cosmo».
Il compito principale che si pone all’orizzonte, sottolinea Bergoglio, è dunque a livello antropologico e richiede di sviluppare una cultura che, integrando le risorse della scienza e della tecnica, «sia capace di riconoscere e promuovere l’umano nella sua specificità irripetibile». Per Papa Francesco, occorre esplorare se tale specificità non sia da collocare addirittura a monte del linguaggio, nella sfera che lui definisce «del pathos e delle emozioni, del desiderio e dell’intenzionalità, che solo un essere umano può riconoscere, apprezzare e convertire in senso relazionale a favore degli altri, assistito dalla grazia del Creatore». Identità, desiderio e relazione: è un compito prima di tutto culturale in quanto la cultura «plasma e orienta le forze spontanee della vita e le pratiche sociali».
Nelle due modalità impegnative con cui “plasmare” la nuova cultura, Papa Francesco ravvisa il dialogo come «scambio transdisciplinare» e un modo di procedere sempre più «sinodale, giustamente adattato per affrontare gli argomenti al centro della missione dell’Accademia». È una ricerca sempre più esigente quella richiesta a chi come la PAV opera nel complesso settore della “tecnocrazia” legata all’etica umana: serve attenzione e libertà di spirito, invita il Papa, «apertura a inoltrarsi su sentieri inesplorati e sconosciuti, affrancandosi da ogni sterile “indietrismo”. Per chi si impegna in un serio ed evangelico rinnovamento del pensiero, è indispensabile mettere in questione anche opinioni acquisite e presupposti non criticamente vagliati». Il cristianesimo offre di per sé molti contributivi di rilievo in quanto ha saputo nella storia riprendere ogni cultura riconoscendo in esse le tradizioni che vi si svelavano: «reinterpretandole alla luce della relazione con il Signore, che nel Vangelo si rivela, e avvalendosi delle risorse linguistiche e concettuali presenti nei singoli contesti. Un cammino di elaborazione lungo e sempre da riprendere, che richiede un pensiero capace di abbracciare più generazioni: come quello di chi pianta alberi, i cui frutti saranno mangiati dai figli, o di chi costruisce cattedrali, che verranno completate dai nipoti».