“Io cerco sempre d’imparare dai giovani. I giovani vanno ascoltati…”. Ascoltati ma non assecondati se è vera la ricostruzione dei fatti riguardanti l’esito finale della votazione al popolare e molto altro fenomeno di massa che passa sotto il nome di Festival della canzone italiana che da settantaquattro anni si celebra a Sanremo.
Chi parla è il pontefice massimo della funzione musicale Amedeo Umberto Rita Sebastiani, in arte Amadeus, che così dicendo e svecchiando di molto la classica gara canora ha cercato di avvicinare e coinvolgere il prezioso pubblico delle nuove generazioni. Che ha risposto in massa considerato il successo dell’ultima edizione.
Interessante anche il giochetto della matita che i concorrenti consegnavano al conduttore al termine della propria esibizione per simboleggiare l’importanza di partecipare, esprimere un’opinione, in vista della più impegnativa prova di portare alle urne – a giugno si vota per le Europee – il maggior numero possibile di ventenni e trentenni.
Com’è ormai universalmente noto, il voto giovanile ha largamente premiato il rapper napoletano Geolier, ma a vincere la competizione è stata la pur bravissima e tenerissima Angelina Mango. A fare la differenza è stato il pronunciamento di sala stampa e sistema radiofonico, le due altre componenti del collegio giudicante.
Per recuperare la distanza siderale tra Geolier e i suoi inseguitori, e rovesciare così l’indesiderato verdetto popolare, c’è voluta una vera e propria coalizione con l’impegno a canalizzare tutte le preferenze disponibili su uno, due al massimo (Annalisa l’altra beneficiaria), competitori. Una manovra a tavolino alla faccia del fair play.
Ora, senza voler entrare nel merito della stucchevole polemica su chi fossero i sostenitori del cantante partenopeo (vincitore di molti premi internazionali e dunque apprezzato in tutto il mondo) ed evitando di impallarsi sulla qualità del brano (che i veri esperti giurano alta, ma chi scrive avrebbe preferito Diodato) è chiaro che qualcosa non va.
Se davvero Geolier, al secolo Emanuele Palumbo, non fosse stato degno del riconoscimento più alto perché espressione di una cultura violenta o comunque riprovevole non avrebbe dovuto ricevere nemmeno l’invito a esibirsi. Ma se mi fai salire sul palco, se mi fai cantare, se poi raccolgo più consensi del previsto, non puoi negarmi la vittoria.
O, meglio, puoi benissimo come in effetti è avvenuto. Basta gettare sospetti sul messaggio che veicolo e avere tra i giurati d’opinione pezzi d’antiquariato che dichiarano di non aver mai sentito prima d’allora il nome di un artista che ha vinto cinque dischi di platino (come se un commentatore del tennis ammettesse di non conoscere Jannik Sinner).
Poi c’è la vicenda più delicata. L’insegnamento che si trasmette proprio a quei giovani meritevoli di “essere ascoltati”, ma fino a un certo punto. Indotti a votare ma senza che si tenga conto della loro volontà. Puniti per aver scelto in massa un titolo e una lingua (non un dialetto) antipatici a molti e comunque a chi ha il bastone del comando.
Siamo certi che non si sia esagerato con il paternalismo che a parole si esorcizza? Con quali argomentazioni si chiameranno ancora a raccolta le nuove leve chiedendone il sostegno e ignorandone l’impegno? Non si rischia una pericolosa perdita di credibilità in chi s’affaccia dalla tv e sui social come tutore della democrazia e delle buone azioni?
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.